
Una vera emergenza psichiatrica. Dopo i gravi fatti di cronaca degli ultimi mesi, culminati con l’assassinio a Udine della Psichiatra Barbara Capovani e la strage sfiorata a Napoli al centro di Salute mentale di Secondigliano, il Coordinamento Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale Italiani ha concluso a Roma i lavori con 3 position paper: uno per il migliore utilizzo delle risorse; un secondo dedicato a un modello integrato per i Dipartimenti di Salute Mentale in Italia e; il terzo specificamente mirato alle proposte operative per garantire la sicurezza di fronte ai pazienti violenti e autori di gravi reati. “Non spetta agli Psichiatri, in quanto medici della mente, ‘curare’ la violenza e proteggere l’incolumità di operatori e cittadini”, spiegano gli esperti. “Un soggetto violento deve essere neutralizzato dalle Forze dell’ordine e poi richiedere, se utile e necessario, l’intervento curativo e riabilitativo del personale dei servizi di Psichiatria.”
“La circolare del Ministero degli Interni diramata negli anni scorsi che demanda alla Salute mentale gli interventi contenitivi per i pazienti classificati con disturbo antisociale della personalità deve essere rivista”, dichiara Michele Sanza, direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Forlì-Cesena e componente del board di coordinamento dei dipartimenti di Salute mentale in Italia. “Urge un tavolo interministeriale che coinvolga Salute ed interni e che dia spazio alle rappresentanze degli operatori dei Dipartimenti anche all’interno del tavolo sulla Psichiatria di recente attivato dal ministero.”
“Bisogna riprogrammare la psichiatria in Italia, continuano gli psichiatri, superando ogni steccato ideologico, senza toccare minimamente le tutele offerte ai malati dalla legge Basaglia-Orsini fondativa del Servizio Sanitario nazionale nel 1978. In sintesi, spetta alle Forze dell’ordine alla Magistratura e ai luoghi deputati alla custodia di autori dei reati assicurare la sicurezza di personale e cittadini”, affermano gli esperti. “Non sono i centri di salute mentale né le strutture riabilitative il luogo per attuare queste misure in un malinteso senso della legge di tutela dei malati di mente. Inaccettabile infine ritenere i Medici e gli Psichiatri penalmente responsabili dei gravi reati che alcuni soggetti in carico ai servizi commettono. Nodi irrisolti in un quadro epidemiologico, finanziario, strutturale, strumentale e di personale della psichiatria in Italia drammatico. Non solo vanno messi in sicurezza gli operatori sanitari ma serve più personale per garantire i Lea.”
Il Italia il 6% della popolazione generale ha un disturbo mentale grave e senza risorse i Dipartimenti di Salute Mentale diventano “come i chirurghi senza anestesisti; gli infettivologi senza antibiotici”. “Questo incontro tra tutti gli operatori dei dipartimenti italiani – afferma Giuseppe Ducci, direttore Dsm Asl Roma 1. “È un momento decisivo per raccogliere le istanze di tutto il mondo della Salute mentale. Nei Dipartimenti non ci sono solo Psichiatri ma anche Psicologi, Assistenti sociali, Terapisti della riabilitazione, Infermieri e altri operatori in collegamento con l’intero mondo della Sanità in grande difficoltà in questo momento. Non abbiamo bisogno di leggi speciali, come non ci sono leggi speciali per la Cardiologia. Abbiamo invece bisogno di una riforma del Codice Penale, dell’abolizione degli articoli 88 e 89 del Codice Penale e anche di una profonda revisione della Legge 81 che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari. La Salute mentale deve stare al centro dell’agenda politica di questo Paese.”
“Mancano le persone, i fondi e l’organizzazione non è uguale in tutte le regioni italiane”, commenta Enrico Zanalda, del Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale della Asl Torino 3 e presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense. “Anche la Legge 81 del 2014, che ha superato gli ospedali psichiatrici giudiziari, ha dato ai Dipartimenti di Salute Mentale compiti che sono al di sopra delle loro possibilità.”
“Quello dello psichiatra oggi è la stessa condizione del chirurgo chiamato ad intervenire senza anestesista, dell’infettivologo che dispone di un solo blister di antibiotici da suddividere tra pazienti che necessitano di terapie a lungo termine”, dichiara Fabrizio Starace, presidente Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica Siep. “Se è vero che mancano risorse è altrettanto vero che nell’illusione di poter dare risposta a tutti i bisogni di salute mentale della popolazione si finisce col fare male e corrompere il rapporto fiduciario con i cittadini. Bisogna usare bene i soldi e verificare le azioni. Tra le attività condotte dal Tavolo Tecnico multidisciplinare in funzione fino a pochi giorni orsono, abbiamo documentato inadempienze al Piano d’Azione Nazionale Salute Mentale, a 10 anni dalla sua approvazione, da parte della metà delle Regioni. Recenti analisi sui percorsi di cura in Lombardia Veneto ed Emila (regioni benchmark, figuriamoci le altre) segnalano che le attività erogate sono meno della metà di quelle necessarie in termini di interventi fondati su evidenze consolidate da anni alle persone con diagnosi di schizofrenia. Per non parlare del monitoraggio della salute fisica nei pazienti con disturbi mentali, che hanno una attesa di vita di 20 anni inferiore rispetto alla popolazione generale. Prima di porre in atto qualsiasi scelta innovativa – prosegue – buonsenso vorrebbe che si partisse da un’attenta valutazione di cosa ha funzionato, cosa va modificato, cosa va accantonato perché non produce valore aggiunto. E occorre considerare le interazioni profonde e significative che il sistema di cura per la salute mentale ha con le politiche sociali, con il sistema giustizia che garantisce l’ordine pubblico. La Salute mentale non può essere il contenitore indifferenziato in cui si riversano le contraddizioni che un approccio settoriale inevitabilmente determina”.
Il tavolo di lavoro è stato organizzato dal Coordinamento nazionale dei Dsm e da Motore Sanità, con il contributo non condizionato di Angelini Pharma, Otsuka, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson. Vi hanno preso parte: per la parte istituzionale, Maria Domenica Castellone, vice presidente del Senato; Francesco Zaffini, presidente della X Commissione Affari Sociali e Sanità XIX Legislatura del Senato; le senatrici Elisa Pirro, Ylenia Zambito; i deputati Chiara Colosimo, Carmen Di Lauro, Gian Antonio Girelli, Lorenzo Malagola, Ilenia Malavasi e Rachele Scarpa. Per la parte tecnica, Maria Nacci, direttore Dsm di Taranto; Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità; Simona De Simone, direttore Dsm Asl Roma 3; Diana Di Pietro, a capo del Dsm Asl Roma 6; Annamaria Parente, già presidente Commissione Sanità XVIII Legislatura; Enrico Rossi, relazioni con le Regioni e le Autonomie Motore Sanità, già presidente Toscana; Emanuele Scafato, Osservatorio Nazionale Alcol, Dipendenze e Doping, dell’Iss; Fabrizio Starace, presidente Siep; Enrico Zanalda, direttore Dsl Asl Torino 3, con il coordinamento dei lavori di Giuseppe Ducci, direttore Dsm Asl Roma 1.