La parola stigma significa marchio o segno distintivo. Termine che nel mondo delle dipendenze patologiche si identifica con il pregiudizio nei confronti delle persone affette da questo disturbo del comportamento. Ciò implica per queste persone e anche per i loro terapeuti, vivere ogni giorno nell’isolamento, nella negazione sociale più assoluta, nella vergogna ingiustificata e nella solitudine più totale. Tali discriminazioni si sviluppano nei più comuni contesti sociali in cui le informazioni, nella maggior parte dei casi generiche e stereotipate, vengono fatte proprie dal cittadino comune in maniera risoluta e definitiva, favorendo l’attuarsi di tabù e di una profonda ghettizzazione di queste persone malate veramente. La mancanza di una reale conoscenza della sofferenza a cui vanno incontro le persone affette da patologie additive e l’attribuzione superficiale di essere delle persone unicamente “viziate”, sono alla base dello stigma di queste “vittime” del mancato riconoscimento del loro dolore derivante dalla malattia stessa che se invece, adeguatamente considerata e curata, permetterebbe loro di recuperare completamente le proprie capacità sociali e intellettive. Purtroppo accade invece che il mantenimento di tali pregiudizi conducono ben presto le persone “dipendenti” verso una profonda condizione di isolamento sociale e di incurabilità. SIPaD e Comunità Incontro Onlus, in occasione del IX Congresso Nazionale della Società Italiana Patologie da Dipendenza, in corso fino al 22 novembre 2024 a Roma, rilanciano, attraverso l’esposizione dei propri interventi di cura e riabilitazione delle persone affette da dipendenza patologica da sostanze e/o dal “mal comportamento”, un modello di intervento integrato tra Pubblico e Privato Accreditato che permetta “di affrontare adeguatamente la sofferenza di queste persone, consentendo loro di andare oltre la propria solitudine e orientandoli verso un percorso di cura che li reintegri totalmente nella società che li sta emarginando con i propri pregiudizi”. A subirne particolarmente gli effetti, le persone affette da disturbi comportamentali, con dipendenza da uso di sostanze o appunto comportamentali, quali la ludopatia. Il tema verrà affrontato in apertura lavori dal prof. Maurizio Fiasco, filosofo, sociologo esperto delle problematiche legate al gioco d’azzardo, con una relazione sul tema Esiste Ancora un Problema di Stigma e Discriminazione delle Persone con Disturbo Additivo?, che prenderà in considerazione proprio le vittime della ludopatia, le quali sono gravate, oltre al disturbo comportamentale, da una serie di problematiche sociali legate alla particolarità della dipendenza: debiti, pendenze giudiziarie, perdita del lavoro, della propria identità e autostima, conflittualità in famiglia.
“Le Istituzioni e la Società – afferma Fiasco – reagiscono diversamente alle dipendenze: quelle legate a sostanze illegali (ad esempio gli stupefacenti) generano allarme sociale e trattamenti differenziali, mentre quelle derivanti da prodotti legali dell’industria (fumo, alcol, cibo, gioco d’azzardo, etc.) tendono a colpevolizzare l’individuo, esonerando le industrie dalla responsabilità. Questo doppio vincolo, richiamando il concetto foucaultiano dello stigma come dispositivo di controllo, condanna la persona e legittima le logiche industriali e commerciali.”
In questo contesto, diventa prezioso l’intervento delle strutture terapeutiche, la cui valenza scientifica è sottolineata nel Congresso dalla Comunità Incontro Onlus: nell’ambito dei protocolli destinati alla cura del gioco d’azzardo patologico, elemento centrale è la persona, poiché uno degli aspetti determinanti per il buon esito della terapia è rappresentato dall’auto-stigmatizzazione, che influenza negativamente la qualità di vita e di conseguenza potrebbe compromettere o comunque rallentare la riabilitazione dell’individuo. L’interiorizzazione delle percezioni sociali negative, conducono infatti l’individuo a provare sentimenti di autosvalutazione, depressione e mancanza di motivazione, avendo così una ricaduta significativa sul funzionamento sociale e lavorativo, con conseguenze sul reddito e la ricerca compulsiva di danaro con tutti i mezzi, come il gioco. Da poco più di 1 anno, la Struttura, fondata da Don Gelmini, sta sperimentando un nuovo protocollo di cura proprio per il disturbo da gioco d’azzardo, frutto del lavoro dei professionisti dell’équipe multidisciplinare. Il protocollo, spiegano, è basato anche sull’utilizzo di una sala slot virtuale ricostruita in un’apposita area di Molino Silla ad Amelia, sede madre della Comunità, finalizzata a ricreare i suoni, i colori e l’ambiente di una vera e propria sala da gioco, con l’obiettivo di “desensibilizzare” gli ospiti alla pratica disfunzionale del gioco d’azzardo. In seguito alla somministrazione del protocollo, si registra una maggiore flessibilità del pensiero e della percezione verso i comportamenti disadattivi legati al gioco patologico. I risultati dello studio, che verranno presentati nel corso del congresso, sono contenuti anche nel recente Documento Politico sui Rischi e i Danni Correlati al Gioco d’Azzardo Online ed all’Uso Problematico dei Videogiochi Online, diffuso dal Gruppo Pompidou, Osservatorio Internazionale sulle Droghe e le Dipendenze del Consiglio d’Europa, di cui la Struttura è parte.