
Oggi l’ictus rappresenta la seconda causa di morte e si è osservato che la prevalenza tra gli adulti di età superiore ai 25 anni è rilevante: stime recenti suggeriscono che 1 persona su 4 ne sarà colpita nel corso della propria vita. Solo quest’anno, si prevede che oltre 13milioni di persone in tutto il mondo avranno un ictus; di questi, 8,2milioni sopravvivranno. Sono solo alcuni dei dati presentati nel documentario Rising to the Challenge – Life After Stroke, realizzato da Ipsen in collaborazione con Reuters, disponibile su YouTube, con l’obiettivo di richiamare l’attenzione sull’importanza della riabilitazione post-ictus per recuperare una buona qualità di vita.
“Mi chiamo Diana, ho 43 anni, sono portoghese e vivo a Sintra. Ho fatto la giornalista fino a 8 anni fa, quando ho avuto un ictus, nel giorno dell’anniversario del mio matrimonio. Mio marito ha chiamato il 911, ma non hanno capito subito che si trattava di un ictus, ero troppo giovane, avevo solo 34 anni…”. Comincia così il documentario, con la storia di Diana che testimonia l’importanza della riabilitazione post-ictus per riprendere una vita sociale e la quotidianità. “Ricordo di essermi svegliata con un fortissimo mal di testa e il primo pensiero è stato: sono sopravvissuta per ridurmi così? Non potevo muovermi, non potevo più fare nulla.” I disturbi a cui vanno incontro coloro che sono sopravvissuti ad un ictus sono numerosi e hanno un impatto sulla vita quotidiana con difficoltà nella ripresa del lavoro e nelle attività sociali. Per comprendere l’impatto dal punto di vista economico e sociale, si stima che il costo sostenuto dal Servizio Sanitario Nazionale per la gestione di un evento acuto di ictus sia di circa 10mila euro; il costo medio per la disabilità legata all’ictus ammonta, per ciascun paziente, a 30mila euro l’anno, tra costi diretti a carico del Sistema Sanitario e indiretti a carico di caregiver e familiari. L’impatto sanitario ed economico legato alla gestione del post-ictus è enorme, affermano gli esperti nel documentario. Per questo è fondamentale, ribadiscono, ricevere una diagnosi tempestiva per garantire al paziente un percorso di cura e di riabilitazione adeguato alle proprie esigenze.
“In Italia, le persone che hanno avuto un ictus rappresentano circa l’1,5% della popolazione (circa 1milione)”, dichiara Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria dell’Università di Roma Tor Vergata. “Il maggior onere economico e sociale è dovuto allo sviluppo delle complicazioni post-ictus, tra cui la spasticità che, purtroppo, spesso non viene diagnosticata e questo impedisce a molti pazienti di accedere alle cure necessarie. Se abbiamo raggiunto ottimi risultati per il trattamento sanitario nella fase acuta, è altrettanto necessario garantire la continuità di cura nella fase successiva, così da ottenere vantaggi in termini di miglioramento della qualità della vita dei pazienti ma anche in termini economici e gestionali.”
“È necessario che i pazienti con spasticità post-ictus ricevano una diagnosi corretta e tempestiva per seguire il percorso di trattamento più adeguato”, afferma Danilo Toni, neurologo, professore associato presso l’Università La Sapienza di Roma, direttore Unità di Trattamento Neurovascolare del Policlinico Umberto I di Roma e past president dell’Associazione Italiana Ictus ISA-AII. “Nel Lazio abbiamo creato un network che mette insieme le Stroke Unit, i Centri di riabilitazione e i Neurologi territoriali, con l’obiettivo di tracciare i pazienti dopo le dimissioni, in modo che la spasticità venga individuata e trattata il prima possibile. La nostra ambizione è quella di individuare degli indicatori predittivi della spasticità in modo che sin dalla fase acuta si possa stabilire il giusto percorso di cura e di riabilitazione.”
“Nella giornata dedicata in tutto il mondo alla sensibilizzazione contro l’ictus cerebrale (Giornata Mondiale Contro l’Ictus Cerebrale, che ricorre il 29 ottobre 2023, ndr), non dobbiamo trascurare l’importanza di un’adeguata informazione, oltre che sulla prevenzione e la cura, anche su ciò che accade dopo la fase acuta”, dichiara Nicoletta Reale, past president dell’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale A.L.I.Ce. Italia. “Come Associazione impegnata su tutto il territorio nazionale, il nostro obiettivo è quello di supportare le persone colpite da questa malattia, i loro familiari e i caregiver nel recupero post-ictus. È fondamentale promuovere percorsi idonei e omogenei su tutto il territorio che includano la prevenzione, la diagnosi e la cura, ma anche la riabilitazione, in quanto miglioramenti delle funzioni colpite sono sempre possibili.”
“Il nostro impegno in Ipsen va oltre la ricerca”, afferma Paola Mazzanti, medical & regulatory affairs director. “Crediamo fermamente che per migliorare il percorso di riabilitazione delle oltre 40mila persone con spasticità post-ictus sia necessario collaborare attivamente con gli interlocutori del settore. “Questa sinergia è fondamentale per garantire a tutti di poter accedere tempestivamente al corretto trattamento e ad una riabilitazione di qualità. Insieme, possiamo lavorare per migliorare la salute e il benessere delle persone, affrontando le sfide in ambito medico in modo più efficace e sostenibile.”
Sono circa 100mila le persone che ogni anno in Italia vengono colpite da ictus; tra queste, oltre 45mila presentano come conseguenza disturbi neurologici spesso invalidanti, come la spasticità, che si manifesta già a 3 mesi dall’evento acuto in circa il 19% dei casi, e fino al 38% dei casi dopo 12 mesi. I trattamenti riabilitativi, soprattutto se intrapresi precocemente, possono favorire un ripristino di molte delle funzioni compromesse permettendo il recupero di una qualità di vita accettabile. Ad oggi, però, solo il 18% dei pazienti che sopravvivono a un ictus riceve una diagnosi di spasticità e soltanto 5mila beneficiano del corretto trattamento farmacologico.