Disturbi della menopausa. Ecco come trattarli

8 donne su 10 soffrono di sintomi peri-menopausali, tra cui vampate di calore e sudorazioni notturne che persistono per circa 4 anni, influenzando negativamente la qualità di vita, spesso in maniera rilevante. Oggi esiste una grande variabilità nell’offerta di servizi e informazioni per le donne in menopausa e l’utilizzo della terapia ormonale sostitutiva continua ad essere al centro di accesi dibattiti non scevri da pregiudizi e conflitti di interesse. Infatti, nonostante rischi e benefici siano adeguatamente documentati dalle evidenze scientifiche, la percentuale di donne che assume la terapia ormonale sostitutiva è inferiore al 10%. “Per il trattamento dei sintomi vasomotori – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – la linea guida raccomanda di non prescrivere di routine psicofarmaci o clonidina, spiegando alla donna che alcune evidenze supportano l’uso di terapie naturali (isoflavoni, estratti di cimicifuga racemosa), ma le preparazioni sono molto variabili e sono state riportate interazioni con altri farmaci. Rispetto all’uso della terapia ormonale sostitutiva la linea guida ne raccomanda la prescrizione solo dopo avere discusso con la donna benefici e rischi sia a breve, sia a lungo termine.”

Le linee guida NICE – disponibili in italiano grazie alla traduzione della Fondazione GIMBE – sottolineano l’importanza di fornire alle donne informazioni complete e basate sulle evidenze sui vari aspetti della menopausa: stadi e sintomi comuni, cambiamenti dello stile di vita e interventi che possono migliorare il benessere (smettere di fumare, consigli su esercizio fisico e dieta, screening per il tumore della mammella e della cervice uterina), benefici e rischi dei trattamenti ormonali, non ormonali e non farmacologici, contraccezione ed effetti a lungo termine della menopausa, come l’osteoporosi. Infatti, se da un lato la terapia ormonale sostitutiva migliora i sintomi vasomotori, urogenitali muscoloscheletrici, depressivi e le difficoltà sessuali e riveste un ruolo importante nella prevenzione dell’osteoporosi, dall’altro si associa a sanguinamenti vaginali, a un aumentato rischio di tromboembolismo venoso e un lieve incremento di ictus (solo per via orale) e di carcinoma della mammella, che tuttavia rientra dopo l’interruzione. Il rischio di malattia coronarica, invece, non si modifica nelle donne trattate.

“Questa linea guida – conclude Cartabellotta – oltre a sintetizzare le migliori evidenze scientifiche per guidare le scelte dei medici, rappresentano un’affidabile fonte di informazione per le donne che devono conoscere rischi e benefici delle varie opzioni terapeutiche, così da scegliere consapevolmente un trattamento personalizzato, tenendo conto delle proprio preferenze e aspettative.”