Non tutti lo sanno, ma il mese di novembre è dedicato, in tutto il mondo, alle patologie maschili, in particolare quelle urologiche, e sono innumerevoli le iniziative destinate a rendere gli uomini più consapevoli, invitandoli a superare pregiudizi e tabù e ad affidarsi con fiducia ai Medici specialisti; tra queste, anche il movimento internazionale Movember, che in vari Paesi invita gli uomini a “farsi crescere i baffi”, per non trascurare queste problematiche.
Gli uomini Italiani sono reticenti su questi temi: 1 su 8 non si è mai rivolto a un Urologo, solo il 10-20% si sottopone a visite preventive; i problemi vengono spesso affrontati quando le patologie sono in fase avanzata. La situazione è destinata a peggiorare con l’invecchiamento della popolazione, ma alcune patologie sono in crescita anche fra i più giovani. Basti pensare che il tumore alla prostata (spesso asintomatico) nel nostro Paese colpisce ogni anno 40mila uomini; il 35% delle disfunzioni sessuali non risponde alle terapie farmacologiche; di Ipertrofia Prostatica Benigna (l’aumento di volume della prostata) soffre il 43% dei 70enni Italiani; l’incontinenza urinaria a seguito di prostatectomia oscilla, tra il 4 e il 12%.
Per quanto attiene all’incontinenza urinaria (clinicamente definita la perdita involontaria di urina, con alterazione del normale processo di conservazione e eliminazione dell’urina stessa) – spiega il dott. Alessandro Giammò, neuro-urologo, responsabile Struttura di Neuro-Urologia Ospedale CTO, Unità Spinale A.O.U Città della Salute e della Scienza di Torino, presidente Società italiana di Urodinamica SIUD – il problema non si presenta, in genere, in modo spontaneo, ma nella maggior parte dei casi come complicanza di un intervento di prostatectomia radicale per tumore prostatico, anche se ci sono incontinenze riconducibili all’invecchiamento e a patologie quali il diabete, il Parkinson, la sclerosi multipla. Nonostante abbia effetti devastanti nella vita quotidiana, con impatti pesantissimi sui rapporti di coppia, il lavoro, la mobilità, le relazioni sociali, nei casi meno gravi e in fase iniziale la patologia viene affrontata prevalentemente con terapie farmacologiche e con i “pannoloni”, in genere rifiutati o accettati con grande frustrazione ma, comunque, tuttora utilizzati dal 21% degli uomini incontinenti.
Il numero dei casi più complessi, riconducibili a un intervento di prostatectomia, è rilevante, basti pensare che in Italia sono stati eseguiti nel 2023 circa 20.222 interventi di prostatectomia. Per questi pazienti, un grande aiuto viene oggi dalla tecnologia che ha messo a punto dispositivi impiantabili minimamente invasivi, come gli sfinteri urinari artificiali. Queste protesi, di piccolissime dimensioni, sono di grande efficacia per ripristinare funzioni vitali, autonomia, benessere. Ed è soprattutto sul miglioramento concreto della qualità di vita che puntano gli Urologi, anche se è opportuno che questa soluzione terapeutica venga prospettata non immediatamente ma dopo un certo numero di mesi dall’intervento. I dispositivi, costituiti da una pompa, una cuffia e un palloncino collegati da un tubicino flessibile, riproducono integralmente gli organi naturali, vengono impiantati all’interno del corpo e non sono visibili, un aspetto di fondamentale importanza per l’accettazione da parte dei pazienti e che contribuisce a superare i timori, compreso quello delle possibili complicanze dell’impianto. I risultati provenienti dalla pratica clinica quotidiana – afferma Giammò – sono incoraggianti in termini di efficacia, basso livello di invasività, sostanziale assenza di complicanze post-operatorie. Questi fattori, positivi, delineano una potenzialità di circa 300 pazienti l’anno e prospettive di crescita significative. Purtroppo, le criticità strutturali del Sistema Sanitario, i costi che incidono in misura significativa, l’inadeguatezza dei rimborsi, rendono questo traguardo, al momento, difficilmente “raggiungibile”. Questo, è però l’auspicio del team medico che fa parte della Rete Regionale dei Centri per la Diagnosi e Cura dell’Incontinenza, e che ha nella chirurgia protesica uno dei punti di riconosciuta eccellenza.
Più complesso il quadro della disfunzione erettile, tema intimo e problematico che molti uomini faticano ad affrontare. La patologia – spiega il dott. Marco Falcone, referente per questa specifica patologia presso la medesima Struttura di Neuro-Urologia – può insorgere per cause organiche (vascolari, neurologiche) o iatorgene (post-chirurgiche), ma rappresenta, sempre e comunque, un enorme dramma personale e un grande problema sociale. Inizialmente il problema può essere fronteggiato con terapie farmacologiche ma la risposta ai trattamenti orali o iniettivi, con prostaglandine iniettate direttamente nel tessuto del pene, può risultare inadeguata e richiedere soluzioni terapeutiche diverse. Soprattutto quando il disturbo funzionale è generato da un intervento chirurgico per l’asportazione del tumore alla prostata in pazienti che hanno già “attraversato” la difficile esperienza oncologica. In questi casi, la moderna Neuro-urologia contempla, fra le altre possibilità, l’impianto di una protesi peniena per ripristinare la piena funzionalità dell’organo coinvolto e, quindi, l’erezione. Tecnicamente, l’intervento prevede l’inserimento di piccole protesi, semirigide o idrauliche, che consentono un’erezione non difforme da quella naturale, con la medesima sensibilità e capacità di orgasmo e immutata funzione urinaria. Le protesi sono impiantate sottocute e non sono visibili dall’esterno, un “prerequisito” fondamentale per i pazienti.
La visione del problemi deve essere condivisa: è fondamentale – ribadiscono – che i pazienti, che hanno già affrontato il problema oncologico, si sentano supportati e rassicurati sulle possibilità di riprendere una vita normale e soddisfacente. In questo senso, va chiesto un impegno concreto alle Istituzioni perché sia l’incontinenza urinaria sia la disfunzione erettile vengano riconosciute come un problema di salute pubblica e affrontate in misura adeguata sia dalle Regioni sia dal Ssn. Le Protesi peniene sono sì previste dalla Sanità Pubblica, ma i rimborsi sono ampiamente inadeguati laddove, per quanto concerne gli sfinteri urinari artificiali, coprono ad oggi appena il 24% dei pazienti potenzialmente idonei all’impianto dei dispositivi. Questi fattori rendono “problematici” per molti Ospedali questo genere di interventi, non consentendo di prendere in carico un numero più ampio di pazienti. E questo, nonostante studi internazionali confermino come attraverso l’impianto di dispositivi protesici i pazienti possano non solo recuperare salute e qualità di vita ma anche abbattere gli attuali costi, arrivando per esempio nel caso dell’incontinenza urinaria a ridurre drasticamente l’impiego quotidiano di pannoloni, che passano da una decina a praticamente 0 al giorno.