
Una nuova analisi degli studi INPULSIS® dimostra, per la prima volta, una progressione della malattia simile in pazienti con fibrosi polmonare idiopatica (IPF) individuata adottando criteri diagnostici più ampi rispetto a quelli fissati dalle attuali Linee Guida. L’analisipost-hoc, che ha riguardato 1.061 pazienti, è stata pubblicata sull’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine. La fibrosi polmonare idiopatica è una malattia devastante, con esito infausto. Per arrivare a una diagnosi precisa di IPF i medici utilizzano una tecnica di imaging, la TAC ad alta risoluzione (HRCT), per individuare la presenza di tessuto cicatriziale (fibrosi) e in particolare il quadro tipico della polmonite interstiziale comune (UIP). Modificazioni con struttura a “nido d’ape” evidenziate alla HRCT polmonare sono un indicatore chiave di fibrosi polmonare e un tratto caratteristico di quadro UIP (polmonite interstiziale comune) visibile alla HRCT (tac ad alta risoluzione). Tuttavia, in assenza di struttura a nido d’ape evidenziata alla HRCT, può essere difficile confermare che la presenza di tessuto cicatriziale soddisfi rigorosamente i criteri fissati dalle Linee Guida per una diagnosi definitiva di IPF. Per un ampio gruppo di pazienti che non ha una diagnosi confermata di IPF secondo i criteri delle Linee Guida, compresi coloro che non soddisfano i criteri per effettuare una biopsia polmonare, il decorso clinico della malattia e l’efficacia della terapia per la IPF restano sconosciuti. Indagini sulle caratteristiche della malattia nei diversi sottogruppi di pazienti per tipologia di diagnosi sono pertanto fondamentali.
“Nella pratica clinica è difficile arrivare a una diagnosi certa di IPF. Se, da un lato, la precisione della diagnosi aumenta grazie agli scambi multidisciplinari fra esperti a livello regionale con esperienza e competenza in materia di interstiziopatie polmonari, d’altro canto i medici del territorio possono più spesso fare una diagnosi di IPF che non sempre risponde ai criteri fissati nelle Linee Guida internazionali”, ha commentato Ganesh Raghu, Professore di Medicina, Divisione di Pneumologia e Terapia Intensiva dell’Università di Washington e Direttore del Centro Interstiziopatie Polmonari del Policlinico dell’Università di Washington di Seattle. “Questa analisi conferma, per la prima volta, che la progressione della malattia e gli effetti della terapia in un sottogruppo di pazienti con caratteristiche non integralmente rispondenti ai criteri fissati per la diagnosi di IPF nelle Linee Guida Internazionali 2011 sono simili a quelli dei pazienti la cui malattia soddisfa tali criteri diagnostici. Ciò implica che si possa prendere in considerazione di accettare criteri modificati, come quelli impiegati nello studio per arrivare alla diagnosi di IPF che comprendono presenza di un possibile quadro UIP e bronchiectasie da trazione nei lobi inferiori (nonostante la mancanza di strutture a nido d’ape nettamente visibili alla HRCT e l’assenza di biopsia polmonare), negli appropriati contesti clinici e negli studi clinici futuri.”