
“Uno studio dal titolo Lost in Transition evidenzia come nella transizione i giovani adulti perdano trattamenti e cure: dall’80% dei bambini che ricevono l’assistenza si arriva a solo il 20% nel passaggio dalla fase infantile a quella adolescenziale. Chi latita sono proprie le strutture amministrative dell’ospedale perché riluttanti a mettere risorse. Invece serve una regia che tenga conto delle varie esigenze nell’assistenza ospedaliera e delle varie età, quello che nel Regno Unito é chiamato ‘coordinatore della transizione’, figura su cui l’Imperial College si è speso più volte con alcune ricerche.” A mettere in guardia sulla necessità di rivedere il sistema di assistenza sanitaria agli adolescenti proprio nell’ottica di una genitorialità responsiva è il past president della Società Italiana di Pediatria (SIP), Giuseppe Saggese, ordinario di pediatria all’Università di Pisa e fondatore della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA), sottolinea come serva agire sul nesso che viene a crearsi tra la mancata assistenza ai giovani adulti e il ruolo dei genitori. Occasione per approfondire le tematiche è il XXXIII Congresso della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS).
“1 adolescente su 5 (20%) ha una malattia cronica su cui esiste un problema assistenziale importante, a cui non si è ancora data risposta: la transizione nelle cure dal pediatra al medico dell’adulto”, afferma Saggese. “Nella fase di transizione peggiora la malattia di base, crolla l’assistenza medica al ragazzo o alla ragazza. Il pediatra per questo deve partire presto con il suo intervento, ma l’assistenza deve essere presente anche in questa fase transitoria, cosa che invece non accade. Basti pensare al Piano delle Cronicità, con cui, dal 2016, quando è stato rilasciato dal Ministero della Salute, ad oggi è stato fatto pochissimo.”
“In questa fase di passaggio anche il ruolo dei genitori appare inadeguato perché, senza volerlo, giocano contro questo passaggio: vorrebbero restare nell’assistenza pediatrica, ma per il bene del proprio figlio devono cambiare mentalità”, prosegue Saggese. “Il genitore responsivo capisce, quindi, che il setting di cure, sulla strada della via adulta, deve cambiare per favorire la transizione.”
La relazione di Saggese, unitamente all’intervento della pediatra Iride Dello Iacono, intervenuta sulla genitorialità responsiva per il bambino, si concentra sul senso dell’adolescenza: “È un anello di congiunzione non solo tra genitori e figli, che presto potranno diventare a loro volta genitori, è anche il periodo in cui si forma la genitorialità responsiva nel giovane adulto”. In sostanza, l’adolescenza è una fase di passaggio duplice, in cui l’adolescente cerca di raggiungere una propria identità, di staccarsi dai genitori e di acquisire un’autonomia. “Il genitore responsivo sa intercettare il distacco dei figli come segno di positività e sa cogliere nel momento l’occasione di rafforzamento del rapporto con una presenza autorevole, ma non autoritaria, ed è in grado di seguire il proprio figlio, ma soprattutto di manifestare sensibilità per le richieste e le esigenze del ragazzo o della ragazza”, sottolinea Saggese. “Quando ci sono problematiche, quali anche la trascuratezza, l’abuso di sostanze da parte dei genitori, o magari una certa fragilità familiare, i genitori tendono a mantenere i figli, inconsapevolmente o meno, in una condizione di scarsa indipendenza. È proprio in questa fase che possono svilupparsi nell’adolescente comportamenti a rischio, dalla dipendenza da sostanze ai disturbi alimentari, solo per citarne alcuni. I genitori devono essere in grado di vigilare sugli adolescenti in questa fase delicata, ma pure prevenire le problematiche, attraverso un recall educativo: è centrale che riemerga la solidità del rapporto tra genitore e figlio costruito durante l’infanzia.”
Saggese presenta anche un “decalogo” utile per i genitori: “Essere disponibili ad ascoltare i figli adolescenti; dimostrare di avere fiducia in loro e dimostrare di esserci, soprattutto quando questi commettono errori, cercando di sviluppare in loro la capacità critica di capire cosa è giusto e cos’è sbagliato; aiutarli a sviluppare i loro punti di forza, interessarsi alle loro attività scolastiche, fare in modo che possano invitare a casa gli amici e curare le relazioni; sapere sempre dove sono e con chi sono senza invadere la loro privacy; aiutarli a sviluppare il senso di responsabilità anche coinvolgendoli nelle problematiche familiari; educarli ad aiutare gli altri, in particolare le persone in difficoltà.”
GENITORIALITÀ RESPONSIVA E COVID-19
“Gli effetti diretti del virus sui ragazzi sono modesti ma sono stati forti e impattanti gli effetti indiretti, a livello psicologico e psichiatrico. Dal punto di vista sanitario le ritardate diagnosi di malattie importanti sono conseguenze drammatiche con cui dobbiamo fare i conti.” Sul tema, uno studio italiano ha preso in esame oltre 1.200 genitori che avevano disagi psicologici ed esaurimento nervoso durante i primi mesi della pandemia: “Questo ha avuto riflessi sulla capacità di essere responsivi nei confronti dei figli”, afferma ancora Saggese. “I genitori con bassa resilienza possono però riequilibrare ed evitare particolari conseguenze se anche i figli sono resilienti. Il pediatra è il regista degli interventi sugli adolescenti, coordina le azioni degli altri specialisti utili in questa fase, come il dermatologo, lo psicologo. Il pediatra peraltro già conosce il ragazzo, perché nella maggior parte delle volte conosce il minore fin da bambino e può svolgere anche una funzione di antenna sociale, non solo per il ragazzo ma appunto per le famiglie fragili o a rischio.”