Differenze regionali nello screening del carcinoma colo-rettale

Il carcinoma colo-rettale costituisce la seconda causa di morte per tumore in soggetti di sesso maschile e la terza nelle donne. In Italia, ogni anno, si registrano 40 nuovi casi ogni 100mila abitanti. Eppure, nonostante questi numeri apparentemente inquietanti, il carcinoma colo-rettale è tra le forme di neoplasia più facilmente prevenibili e gestibili. Infatti, poiché l’evoluzione a partire da forme benigne (i comuni “polipi”) a forme maligne evolute è molto lenta (mediamente 7 anni), strategie di screening atte a individuare precocemente i polipi prima che questi cancerizzino risultano estremamente efficaci.

Lo screening del tumore del colon-retto può avvenire con due modalità: la ricerca del sangue occulto e la sigmoidoscopia flessibile. La ricerca del sangue occulto è la modalità più semplice e meno invasiva: il paziente raccoglie campioni di feci per tre giorni consecutivi che vengono analizzato in laboratorio con kit di vario tipo, basati sulla reazione ossidativa del gruppo eme dell’emoglobina (test FOBT) o sull’identificazione delle catene dell’emoglobina con metodi “immunochimici” (FIT). In caso di positività a questi test, è indicata una colonscopia. L’implementazione delle strategie di screening per cancro colo-rettale ha portato a una riduzione della mortalità del 6,7% negli uomini e del 7,5% delle donne nel periodo considerato da una serie di ricercatori europei in un recentissimo studio, dal 2012 al 2018.

Tuttavia il raggiungimento di questi obiettivi è fortemente condizionato dall’aderenza ai programmi ma soprattutto alla loro messa in atto. Da questo punto di vista dobbiamo segnalare come esistano delle forti differenze inter-regionali in Italia. Una survey della Società Europea di Gastroenterologia (UEG) ha evidenziato come tra nord e sud Italia ci sia una netta differenza nella possibilità di accesso, pari al 71,6% nel nord e solo il 7% nel sud Italia. Tale disparità è purtroppo generata da una mancanza di attenzione da parte delle istituzioni che inevitabilmente si rifletterà nei prossimi anni in un incrementato divario nel tasso di decessi per neoplasia del colon tra regioni italiane, a meno di non correre quanto prima ai ripari.

In conclusione possiamo affermare che lo screening è la sola strategia che consente di prevenire il tumore del colon, ed è estremamente efficace. Tuttavia, per ottenere tali risultati, bisogna estendere lo screening in maniera capillare e proporlo alla popolazione periodicamente. Tutto ciò, tuttavia, richiede una collaborazione tra istituzioni, strutture sanitarie e gli utenti del sistema sanitario.