In tutte le patologie neurologiche, qualsiasi approccio basato sul cibo può avere un ruolo di cura e l’impiego di nutraceutici può diventare un importante supporto terapeutico da considerare nell’ambito di un corretto stile di vita dei pazienti in cui un’adeguata alimentazione è fondamentale. Ciò che mangiamo influenza la struttura e il funzionamento del nostro cervello e dato che questo ha un’elevata attività metabolica, ciò che assumiamo nell’arco della giornata influenza entrambe, modulandone le funzioni momento per momento. Tuttavia, né l’American Academy of Neurology né la National Headache Foundation hanno mai definito ufficialmente una terapia contro l’emicrania basata sulla dieta, anche se la Foundation parla della probabile efficacia di riboflavina e magnesio.
EFFICACIA NELLA PROFILASSI
Come riporta il prof. Piero Barbanti, di Roma, una particolare dieta impiegata nell’epilessia infantile, la cosiddetta dieta chetogenica, si è dimostrata un ottimo strumento di profilassi anche nell’emicrania in soggetti normopeso; si tratta di una dieta povera di zuccheri (meno di 50mg/die), ma così sbilanciata a favore di proteine e grassi da rischiare di essere dannosa se non condotta sotto la supervisione del medico. La dieta chetogenica, sviluppata alla Mayo Clinic negli anni ‘20 a scopi dimagranti e perfezionata negli anni ‘60 da Robert Atkins, crea una situazione metabolica simile al digiuno. Nel 1978 Darryl Devivo, del St. Louis Children’s Hospital, dimostrò per primo che la dieta induce una maggiore stabilità neuronale cerebrale perché si oppone all’ipereccitabilità che sta alla base sia dell’emicrania che dell’epilessia grazie a un’azione di rallentamento della spreading depression, l’onda di depolarizzazione elettrica che si propaga lentamente in direzione postero-anteriore durante l’attacco emicranico, associandosi a fenomeni vasomotori che procedono parallelamente a quelli elettrici. Nell’epilessia il fenomeno è simile, anche se più intenso e con vie di propagazione differenti.