I disordini ipertensivi della gravidanza (HDP) sono in aumento. Ad incidere sul fenomeno è soprattutto l’età del concepimento e il fatto che statisticamente, dopo i 35 anni, 1 donna su 5 deve ricorrere alle cure mediche per poter avere un figlio. Lo scorso sabato 16 settembre 2023 – presso la sede di Idipharma e con il patrocinio dell’Associazione Italiana Preeclampsia AIPE – si è svolto un seminario sul tema, con un focus sui rischi e sulle patologie correlate alla preeclampsia. “La fertilità spontanea è variabile nelle donne: la capacità di adattamento dell’organismo materno alla gravidanza è strettamente proporzionale all’avanzare dell’età”, dichiara Enrico Ferrazzi, direttore della Clinica Ostetricia Mangiagalli, Università di Milano. “A 25 anni, la percentuale di rimanere incinta è del 25% per ogni rapporto; dopo i 35 anni scende intorno al 5-8%. Se si intende avere una gravidanza a 35-37 anni, è importante dare all’organismo dei segnali di salute: se il sistema cardio-polmonare è in forma, la pressione è buona e la circolazione è regolare, s’incide positivamente sulle ovaie e sull’utero.”
Essere sovrappeso pone invece l’organismo in condizioni di infiammazione: “Questo influenza moltissimo le complicazioni durante la gestazione”, afferma Ferrazzi. “Se avete 35 anni e pianificate di concepire un figlio nell’anno successivo, dedicate almeno 3 ore alla settimana all’attività fisica; eliminate gli zuccheri dall’alimentazione, l’eccesso di farinacei, aggiungete le proteine; ritornate alla dieta dei nostri nonni, adottate una dieta mediterranea”, dichiara. “L’evento di oggi (16 settembre 2023, ndr) in Sicilia è una vetrina nazionale con un valente programma scientifico sui disordini ipertensivi della gravidanza e su tutti gli aspetti correlati ad una condizione che interessa il 15% delle gravidanze”, afferma il prof. Federico Mecacci, responsabile Medicina Materno-Fetale, AOU di Careggi. “Oltre i 40 anni, il 15% delle gravidanze avvengono per procreazione medicalmente assistita e ovodonazione. In Italia le donne in età fertile con problematiche metaboliche sono circa il 20%, tutte potenzialmente a rischio di disturbi ipertensivi. Una problematica di interesse attuale è sicuramente quella relativa al diabete in gravidanza”, continua. “È in aumento la popolazione interessata; il tema è al centro di continui sviluppi, ricerche e linee guida europee e americane. Oggi in Italia il 16% della popolazione in gravidanza soffre di disturbi metabolici: nello specifico, dopo i 40 anni l’incremento del diabete gestazionale aumenta del +70%.”
Tale crescita – spiegano gli esperti – si traduce in rischi e criticità, in un progressivo aumento di visite di controllo, di insulinoterapia, di induzione al parto pretermine. Tutti i quadri più pericolosi delle pazienti in preeclampsia, ricordano ancora, devono essere gestiti da ospedali di terzo livello: “I casi di nascita pretermine devono prevedere la garanzia di una terapia intensiva o subintensiva neonatale, e skill specifiche della patologia ostetrica e anestesiologica”, spiega Mecacci. “È fondamentale sensibilizzare la popolazione e aumentare la consapevolezza sulle conseguenze di tali disturbi per tutelare la mamma e il bambino, nel tentativo di ridurre l’incidenza di questo fenomeno e gestire al meglio i rischi.”
Durante il seminario è emerso dagli studi sui disturbi ipertensivi in gravidanza la correlazione con patologie cardiovascolari che le donne sviluppano nei 15-20 anni successivi al parto. “L’organismo che è stato già soggetto ai disturbi ipertensivi in gravidanza risulta quindi potenzialmente a rischio – continua Mecacci – e andrebbe gestito con mirate attività di prevenzione, superato il parto dovrebbe dunque adottare nuovi stili di vita più consoni alla predisposizione patologica.”
“In passato, durante la diagnosi veniva storicamente valutata soltanto con la pressione arteriosa della madre; oggi è dimostrato che la valutazione deve essere integrata e deve tener conto non soltanto della pressione delle pazienti, ma delle condizioni cardiovascolari, del fegato, dei reni della donna”, dichiara il prof. Casilino Herbert Valensise, ordinario Ginecologia e Ostetricia presso l’Università di Roma Torvergata Policlinico. “L’emodinamica materna ci consente di capire esattamente qual è il grado di patologia della madre, e quindi orienta al meglio la terapia.”