Ogni tumore si sviluppa e progredisce diversamente per ogni paziente. E molti pazienti rispondono a determinati farmaci ma non ad altri. Il futuro dell’oncologia va verso una sempre maggiore precisione, ma questo significa anche maggiore necessità di coinvolgere il malato nella gestione di cure sempre più complesse. A mettere a fuoco 10 sfide in materia per i prossimi 10 anni è il Manifesto per l’Oncologia di Precisione, presentato a Roma. Vera e propria rivoluzione nel modo di pensare il cancro, l’oncologia di precisione non parla “del” tumore ma “dei” tumori. Nei dieci punti cardine del Manifesto NEXT10, si affrontano temi di grande importanza nello sviluppo prospettico dell’oncologia che vanno dalla necessità di gestire la pratica clinica in funzione del rapporto umano con il paziente alla creazione e sviluppo di reti di collaborazione e di circolazione dei saperi, che assicurino uniformità su tutto il territorio nazionale. E ancora, la gestione al meglio della tecnologia in continua evoluzione; l’incentivazione di investimenti economici per la ricerca, la realizzazione di un sistema integrato, complessivo e condiviso di registrazione dei dati e delle informazioni. “Si tratta di obiettivi davvero sfidanti tra i quali emerge in modo evidente la duplice necessità di concentrare saperi e competenze e di decentrare i servizi, per gestire al meglio la malattia”, precisa Mario Del Vecchio, SDA Professor di Public Management and Policy, Università Bocconi, Milano e coordinatore Health Service Research, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università di Firenze. “Un binomio possibile solo se si ragiona in termini di reti e di percorsi strutturati per il paziente.”
“Grazie all’indagine genetica si è visto che il 40% delle neoplasie al colon, il 20% di quelle al seno, il 10% di quelle al polmone – sottolinea Carlo Barone, dell’Associazione Oncologia Medica (Aiom) – rispondono a farmaci specifici, orientati sulla determinata mutazione genetica che ne è all’origine. Questo implica migliori risultati e aiuta ad evitare cure inutili.” Come sottolinea Gilberto Corbellini, ordinario di Storia della Medicina dell’Università Sapienza di Roma, bisogna però stare attenti a “non dare false speranze”: “Se si danno informazioni fraintendibili che alzano le aspettative aumenta il rischio di delusione”. Risulta vitale quindi preferire alla “falsa speranza del miracolo” una “comunicazione chiara”.
Tra le sfide, inoltre, ritagliare la cura sulle esigenze del malato. “L’individualizzazione dei trattamenti – spiega Marco Marzano, ordinario di Sociologia della Comunicazione all’Università di Bergamo – deve andare di pari passo con l’individualizzazione del rapporto tra medico e paziente. Il rischio infatti è che, ad un aumento della complessità delle terapie aumenti l’esclusione del malato dalla gestione delle cure”. Infine, vista la complessità delle tecnologie utilizzate, tra le sfide, quella di investire in network che consentano il convergere dei saperi e si traducano nella possibilità di poter “offrire a ogni paziente una diagnosi ad hoc”.