Cuneo, Ospedale Santa Croce e Carle. Trattamento delle complicanze dopo intervento alla prostata per tumore: un problema risolto dai Medici, ma non dalla Politica

Ogni anno in Italia circa 40mila uomini sono colpiti da tumore alla prostata; di questi, poco più di 20mila sono sottoposti a intervento chirurgico. Fortunatamente, il 90% può arrivare a guarigione grazie alla ricerca, a soluzioni terapeutiche più efficaci, Medici e strutture ospedaliere più competenti. Tuttavia – anche nonostante l’impiego di tecnologie avanzate, come il robot – l’incontinenza e la disfunzione erettile rimangono i problemi principali post-prostatectomia, minando la qualità di vita e di relazione dei pazienti, sempre più giovani per via di indagini diagnostiche sempre più sofisticate, quali risonanza multiparametrica e fusion biopsy, in grado di svelare la presenza del tumore in una fase molto precoce.

Si colloca in questo contesto la 2 giorni di formazione avanzata per Urologi in programma all’Ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo mercoledì 22 e giovedì 23 novembre 2023. Urologi di varie Regioni italiane affronteranno le tematiche più attuali, sperimenteranno le soluzioni più innovative, partecipando dal vivo agli interventi nelle sale operatorie dell’Ospedale. Coordinatore di questo corso, il dott. Ivano Morra, direttore Urologia dell’Ospedale Santa Croce e Carle: “Credo sia importante offrire ai pazienti che operiamo per tumore alla prostata un servizio a 360°, che si occupi sia dell’aspetto oncologico che dell’incontinenza e della disfunzione erettile”, afferma. “Dopo l’intervento, il paziente non si deve sentire abbandonato e trascurato. Per questo è nato all’ospedale Santa Croce l’Ambulatorio Salute Uomo, dove i nostri pazienti vengono seguiti, già dal momento della diagnosi, sotto tutti i punti di vista.”

La disfunzione erettile viene affrontata nella fase iniziale soprattutto con terapie farmacologiche che, nella maggior parte dei casi, risultano però insufficienti. Diviene quindi necessario ricorrere alle punture intracavernose di prostaglandine. Una soluzione che può essere efficace, ma che molti soggetti, insieme alla propria partner, rifiutano; altri lamentano dolore per più di 1 ora, causato non tanto dalla puntura sul pene quanto dal farmaco iniettato nei corpi cavernosi; altri ancora non riportano alcun risultato. In tutti questi casi, l’impianto di una protesi peniena può essere risolutivo per ripristinare la piena funzionalità dell’organo.

Il secondo tema cruciale è l’incontinenza urinaria successiva a prostatectomia radicale, condizione che interessa il 10% degli operati. La soluzione più diffusa è attualmente l’impiego di pannoloni, con impatti pesantissimi nella vita quotidiana dei pazienti, oltre che in termini di spesa sanitaria. Per i casi di incontinenza più grave, la nuova frontiera è rappresentata da dispositivi medici innovativi, fra cui gli sfinteri urinari artificiali. La protesi “riproduce” gli organi naturali e viene occultata all’interno del corpo, consentendo di ripristinare appieno le funzioni. Lo studio Artificial Urinary Sphincters as a Treatment for Post Prostatectomy Severe Urinary incontinence in Italy evidenzia come dopo questo tipo di impianto il paziente possa arrivare a ridurre il quotidiano impiego di pannoloni, passando da 10 a 0-1 al giorno.

Nell’incontro verranno inoltre affrontate anche le criticità legate a queste soluzioni funzionali: protesi peniena e sfintere artificiale sono infatti previsti dalla Sanità pubblica, ma il sistema dei DRG prevede rimborsi ampiamente inadeguati, motivo per il quale non vengono dispensati dalla maggior parte delle Direzioni sanitarie dei singoli Ospedali. Auspicabile sarebbe che presso il Ministero della Salute – al pari di altre patologie – venisse istituito un Tavolo Tecnico che coinvolga Società Scientifiche (Urologi, Radioterapisti, Oncologi, Medici di Medicina Generale), Associazioni pazienti e Aziende per discutere del problema e assicurare a tutti i pazienti pari diritti e il medesimo accesso alle cure. Se da un lato soluzioni vengono già ricercate e attivamente implementate da Aziende, AMS in primis, che rendono disponibili strumenti tecnologicamente all’avanguardia, e Medici, che mediante corsi teorico-pratici di sala operatoria acquisiscono tecniche sempre più raffinate per ridurre al minimo le complicanze, altrettanto non sembra potersi dire circa l’attenzione dedicata dalla Politica alla condizione di questi pazienti. Sarebbe dunque opportuno che il maschio affetto da tumore della prostata – esattamente a quanto giustamente accade per la donna con tumore della mammella – avesse eguali possibilità di trattamento e cura. Affinché questo accada, è necessario un maggiore impegno da parte delle Società scientifiche, ricordando come il loro compito sia anche quello di dialogare con il Legislatore richiamando l’attenzione, e proponendo soluzioni, a condizioni patologiche e ai problemi sociali a queste correlate.