Covid-19 sta attirando l’attenzione dei cardiologi, soprattutto per le conseguenze cliniche: infatti, il processo infettivo e infiammatorio che viene scatenato dall’aggressione del coronavirus Sars-CoV-2 a quegli organi in cui è presente il recettore ACE2 – è ormai nota la capacità della proteina spike di penetrare nella cellula, dialogando con questo enzima – coinvolge anche il sistema vasale e il cuore, con diverse manifestazioni che possono evolvere in modo drammatico verso lo scompenso cardiaco, oltre che lo shock cardiogeno e l’arresto cardiaco. “Anche in questo ambito ci troviamo di fronte a nuovi trattamenti farmacologici in grado di cambiare radicalmente la prognosi di questi pazienti”, spiega Claudio Russo, cardiochirurgo dell’Ospedale Niguarda. “Il Sacubitril-valsartan è un modulatore neuroormonale in grado di migliorare significativamente la sopravvivenza e la capacità funzionale di questi soggetti. Gli SGLT2 sono degli antidiabetici orali in grado non solo di ridurre gli eventi cardiovascolari nel soggetto diabetico ma anche di migliorare la prognosi nel paziente con insufficienza cardiaca non diabetico. Ci si interroga se e come le nuove acquisizioni modificheranno le flowchart e i protocolli operativi.”
Di questo e non solo discuteranno più di mille cardiologi italiani che si confronteranno a Milano durante il 54° Convegno di cardiologia promosso dalla fondazione De Gasperis, quest’anno organizzato via web. “Parleremo anche di sindromi coronariche croniche. Non dimentichiamo che durante l’emergenza Covid-19 – spiega Fabrizio Oliva, presidente del comitato scientifico – 1 cardiopatico su 2 evitava i controlli per paura del contagio e ciò rappresenta un gravissimo rischio, che abbiamo denunciato. Prendiamo ad esempio il paziente con cardiopatia ischemica cronica sottoposto a procedure interventistiche percutanee (angioplastica): vi è indicazione a terapia antitrombotica; abbiamo a disposizione vari farmaci e varie possibili associazioni che devono essere modulate nel singolo paziente in base alle sue caratteristiche cliniche, in particolare in base al rischio trombotico e a quello emorragico. Anche le modalità di rivascolarizzazione (percutanea o chirurgica) devono essere valutate nel singolo paziente considerando non solo l’anatomia vascolare ma anche le comorbidità e il rischio peri-operatorio; nei casi complessi è fondamentale una discussione in heart team. A Milano, discuteremo recenti lavori scientifici che hanno messo in luce un possibile ruolo prognostico favorevole di alcuni nuovi trattamenti farmacologici per diabete e dislipidemia.”