Rara, ma estremamente visibile; non contagiosa, eppure “ghettizzante”. La vitiligine è una malattia autoimmune che colpisce la pelle, provocando l’insorgere di macchie più chiare rispetto al resto dell’incarnato. Per quanto l’incidenza sia bassa – appena l’1,6% della popolazione europea; 0,5-2% di quella globale – la visibilità della patologia rende difficile la vita di chi ne è affetto, portando anche a episodi depressivi gravi o moderati. Questo lo scenario emerso dal convegno Sveliamo il Vero Volto della Vitiligine, recentemente svoltosi a Milano e patrocinato da Incyte Italia. L’evento ha inoltre discusso i nuovi percorsi terapeutici, che puntano a migliorare la qualità della vita dei pazienti, costretti ad affrontare ingenti costi per contrastare la patologia. Le cifre sono importanti, come evidenzia uno studio condotto dal dott. Francesco Saverio Mennini, dell’Università Tor Vergata di Roma: “Il costo medio per pazienti è pari a 1.653 euro e il ricovero ospedaliero rappresenta il 50% della spesa”, spiega. “A incidere è anche la presenza di altre patologie: se in loro assenza l’onere medio si assesta sui 1.389 euro, in caso di comorbidità si arriva fino a 5.058 Euro.”
“Può presentarsi insieme al diabete autoimmune o all’artrite reumatoide”, spiega il prof. Mauro Picardo, coordinatore della task force europea dedicata al contrasto di questa malattia. “Lo sviluppo della patologia dipende in parte da una predisposizione genetica: il 25-30% dei pazienti ha una storia familiare di vitiligine.” La malattia può manifestarsi in qualsiasi momento, anche se l’incidenza più alta si registra nella fascia tra i 20 e i 40 anni. La vitiligine è dovuta a un processo nel quale il sistema immunitario aggredisce i melanociti, cellule della pelle che secernono la melanina, sostanza che determina il colorito della cute. La morte cellulare fa sì che il paziente manifesti in varie zone del corpo macchie biancastre, spesso causa di forti disagi per il paziente: 3 persone su 5 lamentano problemi di autostima, mentre addirittura 9 su 10 lottano contro lo stigma della malattia. “L’aspetto psicologico non deve essere sottovalutato, perché incide molto sulla qualità di vita”, afferma Ugo Viora, presidente dell’Associazione Nazionale Amici per la Pelle, che ha il compito di indirizzare i pazienti verso i dermatologi sul territorio per evitare l’auto cura. Per quanto negli ultimi anni ci sia stato uno sdoganamento della vitiligine, con casi di body positivity come quello della top model canadese di origini giamaicane Winnie Harlow, permane una certa diffidenza, soprattutto se il paziente lavora a contatto con il pubblico. “Ciò che pesa di più sulla psiche è l’assenza di trattamenti specifici che fino a oggi migliorassero le condizioni di chi ne soffre. Per fortuna la ricerca sta cambiando lo scenario.”
“[Fra i nuovi trattamenti disponibili] innanzitutto c’è la fototerapia, che riattiva i melanociti, ma non è sempre efficace”, afferma Picardo. “Negli ultimi decenni, però, la ricerca ha prodotto risultati interessanti: negli Stati Uniti è già in commercio una crema che inibisce le Janus chinasi, per esempio.” I fattori che determinano la risposta alla terapia sono molti e comprendono la localizzazione delle lesioni, l’età del paziente e la durata della patologia. “Circa il 40-50% di chi intraprende la fototerapia può sperimentare nuova depigmentazione anche in aree trattate con successo – continua Picardo – ma i dati su chi è in cura con l’inibitore delle Janus chinasi da 2 anni ci mostrano come la condizione clinica migliori con il passare del tempo.”