Cervello: registrata l’immaginazione emotiva degli adolescenti

Immaginare uno stato emotivo attiva precise aree del cervello, nei ragazzi più che negli adulti. Ma quali aree cerebrali vengono attivate dagli stimoli emotivi? Come funziona l’immaginazione emotiva nel cervello durante lo sviluppo? Esistono differenze tra gli adolescenti e gli adulti?

Per rispondere a queste domande, un gruppo di ricercatori italiani ha condotto uno studio di risonanza magnetica funzionale su un gruppo di adolescenti (14-19 anni) con punteggi di normalità alle scale di valutazione di problemi emotivi e comportamentali o psichiatrici. Ai ragazzi è stato chiesto di svolgere due compiti: leggere mentalmente un verbo che descrive un’emozione o leggere un verbo che descrive un’azione. In entrambi i casi dovevano immaginare di immedesimarsi nella situazione corrispondente. Come controllo dovevano eseguire un compito attentivo in cui fossero impegnati in un’azione cognitiva.

Ebbene, immaginare verbi che descrivevano situazioni emotive, come amare oppure odiare, causava un incremento di attivazione in due aree precise del cervello: nel giro sovramarginale e nella parte anteriore dell’insula nell’emisfero cerebrale destro. Le coordinate della prima area cerebrale coinvolta (giro sovramarginale) erano le stesse che si attivano per l’elaborazione delle informazioni somatosensoriali provenienti dall’esterno e dall’interno del nostro corpo. La seconda area coinvolta, l’insula, è invece la stessa che codifica la consapevolezza emotiva legata alle parti del nostro corpo, come quando aumenta la sudorazione per uno stato d’ansia o accelera il battito cardiaco per la paura.

Tale incremento non si riscontrava invece con verbi che richiamavano azioni, come afferrare o scrivere, o quando i ragazzi erano concentrati a immaginare una situazione emotiva ma con un compito di tipo cognitivo, come rilevare la presenza di una lettera target all’interno del verbo. A parità di verbo, infatti, i ragazzi venivano impegnati in due operazioni differenti, a seconda del compito assegnato: una di tipo emotivo, quando immaginavano se stessi nell’atto di amare, e una di tipo cognitivo, quando erano concentrati sulla struttura morfologica del verbo amare.

“I risultati indicano che queste attivazioni somatosensoriali / enterocettive durante l’elaborazione di emozioni non è automatica e non è guidata semplicemente dallo stimolo emotivo, come propone la letteratura; bensì è flessibile ed è modulata dal tipo di compito che i soggetti svolgono”, sottolinea la responsabile del progetto di ricerca Barbara Tomasino, ricercatore e Responsabile Scientifico del Polo friulano dell’IRCCS Medea.

Non basta quindi pensare al verbo amare perché si attivino le aree cerebrali coinvolte nella decodifica di questa esperienza emotiva, ma occorre immaginare anche le sensazioni corrispondenti all’amore.

Ma c’è di più. I ricercatori hanno confrontato questi dati con quelli di un gruppo di persone adulte che hanno svolto lo stesso compito. Gli adulti, quando immaginavano situazioni emotive, attivavano le stesse aree degli adolescenti: però l’attivazione del giro sopramarginale era significativamente inferiore rispetto ai ragazzi. Stesso discorso per quanto riguarda l’immaginazione di azioni: l’attivazione del giro frontale superiore destro era significativamente più elevata per gli adolescenti rispetto agli adulti. “I nostri studi – sottolinea la Tomasino – suggeriscono che le aree fronto-parietali vengono attivate in maniera significativamente diversa durante l’immaginazione emotiva nel cervello in sviluppo.”

“Infine questi studi possono permettere di aprire una strada verso l’approfondimento degli aspetti maladattativi delle emozioni che stanno alla base della disregolazione emotivo-comportamentale che spesso si evidenzia in psicopatologia in ragazzi ed adulti sofferenti di ansia, fobie o depressione”, spiega Paolo Brambilla, Professore Associato di Psichiatria presso l’Università degli Studi di Milano e presso la University of Texas at Houston, USA. “I ricercatori stanno attualmente pianificando infatti di verificare i substrati morfo-funzionali dell’immaginazione emotiva in pazienti con patologie psichiatriche sia durante le fasi evolutive di vita che della maggiore età.”

Lo studio è stato condotto dai ricercatori dell’IRCCS Medea – La Nostra Famiglia di Udine, in collaborazione con il Polo di Bosisio Parini dello stesso Istituto, con la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e con la Università degli Studi di Milan ed è stato pubblicato su Brain & Cognition.