Cemiplimab, la nuova terapia per il carcinoma cutaneo aggressivo

Si chiama Cemiplimab, la nuova terapia per il carcinoma cutaneo aggressivo a cellule squamose, utilizzata dopo il fallimento della chirurgia e la radioterapia. Si tratta di un nuovo anticorpo monoclonale anti-PD-1 che si lega al recettore del checkpoint immunitario PD-1, ne blocca la via di segnalazione e aiuta a ripristinare il corretto funzionamento del sistema immunitario, consentendogli di distruggere le cellule cancerose e bloccarne la proliferazione.

“Prevenire e diagnosticare tempestivamente anche gli stadi localmente avanzati della patologia permette di intervenire ed evitare la sua rapida progressione”, commenta Iris Zalaudek, Direttrice della Clinica Dermatologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste e Presidente dell’International Dermoscopy Society. “Grazie al progresso in diagnostica, oggi è possibile intervenire immediatamente attraverso l’asportazione chirurgica degli stadi iniziali o implementare strategie terapeutiche corrette negli stadi avanzati: la dermatoscopia consiste infatti in un esame non invasivo che consente di identificare i criteri morfologici altrimenti non visibili a occhio nudo e di intervenire in una fase molto precoce, quando un semplice intervento è curativo.”

Chirurgia e radioterapia a scopo curativo, spesso risolutive nelle fasi precoci, non possono tuttavia contrastare efficacemente quel 3% di casi in cui la malattia avanza a livello locale oppure presenta metastasi. In queste fasi avanzate di malattia, dall’incidenza di un tumore raro, a causa dello stato di salute dei pazienti o perché la rimozione chirurgica risulterebbe sfigurante, non esisteva fino a poco tempo fa uno standard di cura efficace. Oggi è possibile affidarsi alle nuove prospettive offerte dall’immuno-oncologia, ramo dell’oncologia che attiva e stimola il sistema immunitario a riconoscere e attaccare le cellule tumorali, vera e propria svolta terapeutica per quei pazienti che non hanno risposte efficaci: “Le soluzioni terapeutiche immuno-oncologiche, che agiscono bloccando il percorso di segnalazione della proteina PD-1 (proteina di morte cellulare programmata di tipo 1), consentono al sistema immunitario del paziente di attaccare le cellule tumorali”, spiega Paolo Bossi, Professore di Oncologia Medica, Università di Brescia. “Si tratta di una vera e propria svolta in termini terapeutici perché presenta dei miglioramenti significativi nel tasso di risposta al trattamento e della durata della risposta nel tempo.”

Negli ultimi anni le terapie immunologiche hanno dimostrato la loro efficacia soprattutto per quanto riguarda i tumori della pelle poiché, legandosi con le proteine PD-1, possono portare all’attivazione dei linfociti T, consentendo così al sistema immunitario stesso la distruzione della cellula cancerosa, e quindi la loro proliferazione. Gli inibitori di questo tipo di proteine hanno dimostrato inoltre una particolare efficacia nei tipi di tumore ad alto tasso di mutazione: il carcinoma cutaneo a cellule squamose in questo senso ha il più alto tasso di mutazione di qualsiasi altro tipo di tumore.