
Cellule staminali “ingegnerizzate” sarebbero in grado di combattere le aritmie cardiache. È quanto emerge da una ricerca internazionale a cui ha partecipato anche l’Italia. Dagli studi presenti in Letteratura, fino ad oggi era stato possibile evidenziare come il trapianto di cellule cardiache differenziate da cellule staminali avesse un potenziale terapeutico ma esponesse il paziente a un periodo transitorio di rischio, caratterizzato da severi disturbi del ritmo cardiaco. Un recente studio multicentrico internazionale, che ha coinvolto anche alcuni ricercatori di Scienze per la Salute, dell’Università di Torino, ha compreso il meccanismo molecolare responsabile dell’incompatibilità tra le cellule del cuore adulto e quelle trapiantate ancora “immature”. Queste “battevano” infatti in modo analogo alle cellule del pacemaker adulto, ma diversamente dal resto del cuore. I risultati dello studio mostrano come l’applicazione di metodiche di editing genetico per ingegnerizzare le cellule staminali consentirebbe invece di scongiurare il verificarsi di aritmie correlate al trapianto. La ricerca è stata coordinata dal prof. Alessandro Bertero, responsabile del Laboratorio Armenise-Harvard di Genomica dello Sviluppo e Ingegneria Cardiaca, Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, e dal prof. Chuck Murry, direttore dell’Institute for Stem Cell and Regenerative Medicine, Università di Washington. I risultati dello studio Gene Editing to Prevent Ventricular Arrhythmias Associated with Cardiomyocyte Cell Therapy sono stati pubblicati su Cell Stem Cell.