La carenza di vitamina D peggiora le funzioni cognitive

Gli over65 nel nostro Paese sono quasi 14milioni, di cui 7milioni hanno più di 75 anni e sono più a rischio di malattie neurodegenerative, decadimento cognitivo e infezioni, come ha dimostrato la recente pandemia Covid-19, dove lo stato nutrizionale ha certamente avuto un ruolo importante. Per questo i ricercatori dell’Associazione Brain and Malnutrition (B&M) hanno voluto indagare sulle abitudini alimentari e lo stile di vita di un gruppo d’anziani affetti da Parkinson, verificare il livello di nutrizione e in particolare di vitamina D, di cui molteplici studi hanno messo in evidenza il ruolo centrale in molte funzioni dell’organismo.

B&M, in collaborazione con l’Osservatorio Grana Padano (OGP) ha valutato i livelli di vitamina D (sierici D-25OH) in 500 pazienti età media 70 anni (68% maschi e 32% femmine) provenienti da tutte le regioni d’Italia affetti da malattia di Parkinson e un piccolo gruppo controllo (100 pazienti) selezionati tra gli accompagnatori. Sono stati raccolti i dati anagrafici e demografici e rilevati i dati antropometrici (peso, altezza, l’indice di massa corporea BMI). È stato utilizzato un questionario sulle abitudini alimentari Food Frequency FFQ tramite il software online dell’Osservatorio Grana Padano. Il FFQ semi-quantitativo di 66 elementi utilizza le tabelle di composizione alimentare italiana per stimare l’assunzione giornaliera di calorie, macronutrienti, micronutrienti e fluidi. Pazienti e operatori sanitari sono stati intervistati da dietologi. È stato inoltre chiesto al paziente il tempo medio trascorso a settimana all’aperto, con esposizione diretta alla luce solare, essendo l’esposizione al sole il modo migliore per produrre la vitamina D endogena. È stato riscontrato uno stato di carenza (25 (OH) D <20 ng/ml) nel 65,6% dei pazienti, mentre il 26,6% ha trovato livelli insufficienti (20-30 ng/mL). I pazienti carenti di vitamina D sono correlati da una malattia più grave, sintomi clinici peggiori e maggiore compromissione delle funzioni cognitive globali.

“Possiamo più facilmente sostenere che i bassi livelli di vitamina D hanno un impatto negativo sulle caratteristiche cliniche della malattia di Parkinson”, commenta la dott.ssa Michela Barichella Presidente di B&M Association e membro del Comitato scientifico OGP. “Saranno necessari ulteriori studi interventistici per valutare i potenziali benefici sulla progressione della malattia del miglioramento dello stato cognitivo; possiamo però affermare che la vitamina D è un fattore determinante non solo per l’apparato muscolo scheletrico, ma anche per le malattie neurodegenerative e per la riduzione delle infezioni.”