Terapie di mantenimento che aumentano il tempo libero da malattia e sono efficaci su tutte le pazienti che rispondono al platino, con o senza mutazioni; test genetici – su tessuto e germinale – che permettono di rilevare le mutazioni BRCA 1 e 2 e di accertarne il carattere ereditario, per attivare sorveglianza e prevenzione sui familiari delle pazienti; chirurgia sempre più precisa e meno invasiva; la conoscenza dei sintomi, che può accelerare la diagnosi e fare la differenza nella sopravvivenza a 5 anni, raggiunta dal 60 al 90% dei casi se il tumore ovarico è diagnosticato in fase iniziale. Di anno in anno aumentano le cose da conoscere sul tumore ovarico, uno dei più aggressivi tumori femminili, che in Italia colpisce ogni anno oltre 5.200 donne. Invitare donne e pazienti a informarsi è l’obiettivo di Tumore Ovarico. Manteniamoci Informate! Da Donna a Donna, campagna di sensibilizzazione ideata e realizzata da Pro Format Comunicazione e Mad Owl in collaborazione con le Associazioni aBRCAdabra onlus, ACTO, LOTO, e Mai più Sole e sponsorizzata in esclusiva da GSK. Nel 2022 la campagna, giunta alla sua III edizione, ha scelto di dare direttamente la parola alle donne: pazienti delle Associazioni promotrici della campagna che si sono già confrontate con la diagnosi di tumore ovarico condividono consigli e esperienze sul percorso di cura attraverso videomessaggi “da donna a donna” veicolati sulla landing page manteniamociinformati.it; 8 brevi video dedicati ad aspetti chiave come la scoperta della malattia, il rapporto con i medici, le risorse che aiutano a ritrovare la qualità di vita.
All’iniziativa si affiancheranno nel corso dei prossimi mesi eventi sul territorio, attività d’informazione negli ambulatori onco-ginecologici, campagne informative digital e social che quest’anno potranno avvalersi delle illustrazioni del visual designer Gaetano Di Mambro. L’obiettivo primario resta quello di accrescere l’informazione su questa malattia che, a causa di sintomi aspecifici o non riconosciuti, in circa il 70% dei casi viene diagnosticata in fase già avanzata, quando le possibilità, non solo di guarigione, ma anche di cura sono più limitate. “Solo una buona conoscenza di questo tumore e dei suoi sintomi può facilitare una diagnosi tempestiva: se sintomi come sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto, difficoltà di digestione, fitte addominali, gonfiore e tensione addominale, diarrea o stipsi improvvise sono frequenti e perdurano a lungo, occorre rivolgersi subito al proprio ginecologo per una visita ginecologica e un’ecografia transvaginale e, in caso di sospetto, prendere contatti con un Centro di riferimento”, afferma Nicoletta Cerana, presidente nazionale ACTO. “Diagnosticare e trattare un carcinoma ovarico all’interno di uno dei numerosi Centri di eccellenza per il tumore ovarico e i tumori ginecologici per la paziente è una garanzia di qualità e sicurezza. Il sito della nostra Associazione, www.acto-italia.org, contiene tutti i riferimenti utili alla donna per trovare nella propria Regione il Centro di riferimento per i tumori ginecologici più vicino alla propria residenza.”
L’altra opportunità di anticipare la diagnosi è legata allo studio della familiarità, e in particolare alla presenza di mutazioni ereditarie come quelle BRCA 1 e 2. In circa il 25% dei casi il tumore ovarico è di origine genetico-ereditaria. Il test su tessuto (somatico) permette di sapere se una donna è portatrice o meno di una mutazione del gene BRCA ma, secondo un’indagine GSK eseguita su 50 oncologi italiani, il 40% delle pazienti risultate positive per queste mutazioni non esegue il secondo test, quello germinale, l’unico in grado di stabilirne il carattere ereditario. “È importante ricordare che il test BRCA ha sempre una duplice valenza: terapeutica e preventiva. I test BRCA che abbiamo a disposizione da diversi anni servono sia per meglio indirizzare le terapie oncologiche delle donne con tumore ovarico che per impostare programmi di prevenzione nei loro familiari”, spiega Liliana Varesco, medico genetista, Centro Tumori Ereditari, IRCCS Ospedale San Martino di Genova. “Nelle pazienti si esegue in primo luogo il test su tessuto (somatico), vale a dire l’analisi del tessuto tumorale, in cui si cerca la presenza delle mutazioni con l’obiettivo di scegliere la terapia più adatta. Ma le mutazioni somatiche, acquisite nel tempo, sono circoscritte solo alle cellule tumorali mentre le mutazioni ereditate sono presenti in tutte le cellule dell’individuo. Solo attraverso il test germinale, che consiste in un semplice prelievo di sangue, si può valutare se la mutazione sia presente in tutte le cellule e quindi ereditata dai genitori e trasmissibile ai figli. Per questo, in caso di positività al test somatico BRCA, andrebbe eseguito anche il test germinale in modo da attivare tutto il sistema di prevenzione.”
In futuro agli attuali test molecolari potrà subentrare il comprehensive genomic profiling, che permette di esaminare contemporaneamente molti tipi di alterazioni genetiche, offrendo un quadro complessivo del genoma tumorale. Aumentare la conoscenza delle opportunità legate ai test genetici è sin dall’inizio uno degli obiettivi della campagna: “Le donne purtroppo ancora sanno troppo poco o niente di test genetici. Solo se si entra in un percorso di malattia, allora si parla di test genetici e della possibilità di una mutazione genetica BRCA 1 o 2. Ancora meno chiara la differenza tra BRCA somatico e germinale e l’importanza di sottoporsi al secondo in caso di positività del primo per la prevenzione rispetto ai familiari”, dichiara Fabrizia Galli, vice presidente aBRCAdabra onlus. “Sapere di essere portatrici di una mutazione genetica BRCA crea nella donna una reazione di paura e sgomento seguita da sentimenti di ansia legata alla preoccupazione per i propri figli: il test BRCA germinale è l’unica risorsa per sapere se si è trasmessa la mutazione genetica ai propri figli, con i rischi che comporta ma anche con l’opportunità di agire in chiave preventiva.”