Burnout personale sanitario. “Medici e infermieri in overstress: 1 su 2 pensa di licenziarsi”

Medici e infermieri in overstress: 1 su 2 pensa di licenziarsi. La pandemia ha influito pesantemente sul benessere psicofisico del personale sanitario che oggi, a 3 anni dall’emergenza, subisce ancora le conseguenze di quella prolungata condizione. I turni con orari logoranti, dovuti alla carenza di personale, pregiudicano la qualità del sonno e la possibilità di praticare attività motoria, alla base del conseguente stato di stress. Secondo i test effettuati presso l’ospedale Croce e Carle di Cuneo, il malessere accumulato avrebbe conseguenze sul rendimento delle prestazioni verso il paziente, con rischio di incorrere in errori e disattenzioni anche negli operatori più esperti e scrupolosi. A partire dal mese di marzo, oltre 100 operatori sanitari tra medici e infermieri della struttura si sono sottoposti al test di embodimetria SynchroLab, un protocollo scientifico che permette di quantificare in maniera oggettiva il livello di stress accumulato dagli operatori sanitari durante la giornata lavorativa. In particolare, il sistema – brevettato da Andrea Chellini fondatore di Be-Move, in collaborazione con Motustech – permette di rilevare in pochi minuti l’indice di prontezza del personale sanitario a ricevere stimoli o task e ne rileva il livello di vulnerabilità.

“In situazioni di stress i livelli di attenzione selettiva scemano in qualità e durata; le capacità di problem solving diminuiscono; si creano dinamiche negative anche a livello di team e personali, che generano un calo della qualità del benessere personale e del proprio lavoro, sia reale che percepito”, dichiara Chellini. “Per la prima volta, questo sistema di misurazione valuta l’emozione del momento, con un sensore inerziale settato sulla frequenza cardiaca con oltre 1.000 rilevazioni al secondo e indica con oggettività l’indice di prontezza a sostenere uno stimolo di concentrazione professionale o sportiva che sia. Un algoritmo poi ci restituisce un indice di allarme, che solo esercizi motori o di respirazione mirati possono riportare in equilibrio o compensare. Il movimento attivo è infatti l’unica terapia efficace per superare malesseri o alterazioni della funzionalità psicofisica, ripristinando la sincronia tra corpo e mente e superare così stress e stati d’ansia.”

I test effettuati sugli operatori sanitari mostrano che le persone in esame vivrebbero – o meglio “sopravviverebbero” – a continui pervasivi e molteplici stress provenienti da ogni area della loro socialità e ruolo di lavoratori, genitori, figli e cittadini, condizioni che avrebbero generato nei soggetti uno stato di “scorporazione” allo stimolo, entrando in una gerarchia di default di protezione e sopravvivenza, spiegano gli esperti. “Una condizione che comporta una reale e sostanziale difficoltà per ognuno di loro nel pianificare e anticipare azioni intenzionali, praticamente un disinnesco cognitivo, una incapacità di intelligenza fluida, cosiddetta capacità di problem solving”, prosegue Chellini. “Questo deficit sul piano decisionale può tradursi in una potenziale difficoltà a generare e coordinare diagnosi e soprattutto a gestire il percorso di salute del paziente in cura.” Potrebbe significare non essere in grado di avere capacità di riflessione durante l’azione (diagnosi medica) e compiere così atti abitudinari, di prassi, meccanicizzati e ripetitivi.

“La situazione è drammatica, a Cuneo come in Italia e in Europa, e tanti scelgono le dimissioni per necessità”, afferma Riccardo Schiffer, direttore della Struttura di Fisioterapia e Riabilitazione Funzionale dell’Ospedale S. Croce e Carle di Cuneo. “Alcuni, anche nel semplice parlare, dimostrano tachifemia (parlare rapido) e disturbi formali del pensiero come il tachipsichismo, connotazioni che devono allarmare. Serve far ora capire alle Istituzioni che il personale che sopporta stress e orari di lavoro eccessivi oggi è in burnout, con perdita di capacità del movimento che può portare conseguenze inimmaginabili.”