I batteri super resistenti

Negli USA la chiamano ESKAPE gang: ne fanno parte sette microrganismi (Enterococcus spp, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa, Enterobacter spp) capaci di selezionare, trasmettere, riprodurre mutazioni che permettono loro di “sfuggire” agli antibiotici. A questi e ad altri superbatteri si deve la diffusione del fenomeno dell’antimicrobico-resistenza, ovvero la perdita di efficacia degli antibiotici e l’inquietante prospettiva del ritorno di malattie infettive che si pensavano sconfitte o sotto controllo. Secondo l’European Centre for Disease Control (ECDC), ogni anno in Europa 25.000 persone muoiono a causa di infezioni da germi resistenti con un impegno finanziario vicino a 1,5 miliardi di euro. Nel mondo, sono circa 700.000 i decessi dovuti alle infezioni resistenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), prevede che, agli attuali tassi di incremento delle antibiotico-resistenze, da qui al 2050 i “superbug” saranno responsabili di almeno 10 milioni di decessi annui diventando la prima causa di morte al mondo.

A questa grande emergenza sanitaria, che minaccia la salute e le economie di tutti i Paesi, è dedicato il Corso di Formazione Professionale Continua “Antibiotico-Resistenze: Un’Emergenza Globale. Il Ruolo dei Media tra Informazione e Formazione”, promosso, insieme al Master “La Scienza nella Pratica Giornalistica” della Sapienza Università di Roma, dalla Fondazione Giovanni Lorenzini, che consolida il proprio impegno nella diffusione della conoscenza scientifica e nella promozione della prevenzione nei confronti delle patologie a largo impatto sociale.

Al tema dell’antimicrobico-resistenza la Fondazione Lorenzini ha dedicato un quaderno de Il Sole 24 Ore-Sanità, realizzato con il contributo incondizionato di MSD. Cardine di ogni strategia di contrasto è l’Antimicrobial Stewardship, un approccio che mira ad assicurare l’uso appropriato degli antibiotici tenendo conto sia dell’esigenza di assicurare al paziente l’opzione più efficace che dell’impatto della terapia antibiotica sull’intero ecosistema. “L’Antimicrobial Stewardship ha lo scopo di ottimizzare l’uso degli antimicrobici a tutti i livelli, non solo in ambito ospedaliero, in un’ottica di Global Health”, afferma Claudio Viscoli, Presidente SITA e Direttore Clinica di Malattie Infettive Università degli Studi di Genova, IRCCS San Martino IST. “Punto di forza di un programma di Antimicrobial Stewardship è la conoscenza dei dati relativi al fenomeno della resistenza agli antibiotici e all’uso degli stessi cui seguono gli interventi operativi (educazione, controllo uso antimicrobici, potenziamento strutture e allocazione risorse) e le periodiche valutazioni.”