Augmentation Artroscopico del Sottoscapolare, la tecnica mini invasiva per la lussazione della spalla

Cosa accomuna il calciatore Giuseppe Rossi, il quattro volte campione italiano di Judo Walter Facente e il motociclista Marc Marquez? Sono tutti sportivi con problemi d’instabilità alla spalla, l’articolazione più mobile del corpo umano e proprio per la sua struttura anatomica, la più instabile. Le sue lesioni sono spesso di natura traumatica, con una maggiore incidenza tra i giovani, soprattutto sportivi. Se queste lesioni non vengono riparate chirurgicamente, è molto probabile che si vada incontro a delle lussazioni ripetute, recidivanti, determinate non più da una caduta o da un evento traumatico acuto ma dai semplici movimenti quotidiani, ad esempio mentre si praticano attività sportive o addirittura durante il sonno.

Trattare la lussazione della spalla per via artroscopica, nei casi di instabilità cronica, con un metodo più efficace di altri trattamenti chirurgici, meno invasivo e tutto “made in Italy”, che permetta una ripresa funzionale a tre mesi dall’intervento e pochissime recidive è possibile. Si chiama A.S.A, Augmentation Artroscopico del Sottoscapolare; ideatore e sviluppatore della tecnica è il prof. Marco Maiotti, primario dell’U.O.C. di Medicina e Traumatologia dello Sport presso l’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma, specialista in Ortopedia e Medicina dello Sport. “Questa tecnica permette di trattare pazienti anche molto giovani (dai 15 anni in su), soprattutto quando il tradizionale intervento di riparazione artroscopica espone ad un’elevata percentuale di recidive e l’intervento di Latarje è sovra-indicato”, spiega Maiotti in occasione del convegno “La Spalla nello Sport: Nuovi Orizzonti nel Trattamento dell’Instabilità di Spalla in Chirurgia e Riabilitazione” promosso da AIMTES, Associazione Italiana Massaggiatori Sportivi e Terapisti dello Sport. “L’intervento consente di dare la giusta stabilità alla spalla, senza comprometterne la mobilità articolare e senza dover eseguire interventi più complessi e a cielo aperto che, seppur efficaci per il ripristino della stabilità, prevedono l’utilizzo di viti o placche di metallo che se mal posizionati possono determinare gravi complicazioni.”

Con questa tecnica sono già stati trattati circa 500 pazienti negli ultimi 8 anni. La percentuale complessiva di recidive si attesta intorno al 3%, avvenute comunque dopo un evento traumatico ad alta energia. Studi scientifici hanno permesso di osservare un buon recupero articolare senza significative limitazioni della rotazione esterna della spalla e con una percentuale di artropatie a medio termine paragonabili agli altri interventi di stabilizzazione. Le controindicazioni di tale intervento emergono quando la TC evidenzia un danno osseo glenoideo importante.