
L’Agenzia Italiana del Farmaco Aifa ha approvato l’utilizzo di atezolizumab in combinazione con bevacizumab contro il carcinoma epatocellulare avanzato o non resecabile (HCC) non sottoposti a precedente terapia sistemica. Approvata anche l’estensione dell’indicazione di atezolizumab in monoterapia per i pazienti per il trattamento di prima linea nel carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio metastatico con elevata espressione di PD-L1.
I dati relativi allo studio IMbrave150 hanno evidenziato che atezolizumab, sviluppato da Roche, fornisce la più lunga sopravvivenza globale osservata in uno studio di Fase III in prima linea nel carcinoma epatocellulare non resecabile (HCC). L’analisi primaria dello studio ha mostrato infatti che dopo un periodo di follow-up di 8,6 mesi, atezolizumab in combinazione con bevacizumab ha ridotto il rischio di morte (sopravvivenza globale, overall survival) del 42% (hazard ratio = 0.58; 95% CI: 0.42–0.79; p=0,0006). Dopo un follow-up mediano di 15,6 mesi, lo studio ha inoltre sottolineato come atezolizumab in combinazione con bevacizumab abbia ridotto il rischio di morte del 34%, con una OS mediana di 19,2 mesi, rispetto a 13,4 mesi per il sorafenib (hazard ratio = 0,66; 95% CI: 0,52-0,85).
L’approvazione fa seguito al parere positivo espresso dal Comitato per i Medicinali per Uso Umano CHMP dell’Agenzia Europea per i Medicinali nel settembre 2020 e della Commissione UE nel novembre dello stesso anno. Nel maggio 2020, anche la Food and Drug Administration statunitense aveva approvato atezolizumab in combinazione con bevacizumab per il trattamento di pazienti con carcinoma epatocellulare non resecabile o metastatico non sottoposti a precedente terapia sistemica. Atezolizumab in combinazione con bevacizumab è stato, inoltre, incluso come raccomandazione di classe I, A dalla European Society for Medical Oncology ESMO per il trattamento dei carcinomi epatocelluliari non resecabili, così come da molte linee guida per la pratica clinica a livello globale.
“L’approvazione della combinazione atezolizumab-bevacizumab rappresenta una pietra miliare nell’ambito dell’epato-oncologia”, dichiara il prof. Antonio Gasbarrini, ordinario di Medicina Interna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Campus di Roma e direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. “Dopo più di 10 anni di immobilità è finalmente disponibile un trattamento di prima linea capace di prolungare la sopravvivenza dei pazienti affetti da epatocarcinoma non resecabile, pazienti delicati che non sono solo affetti da una malattia tumorale ma anche da una disfunzione del fegato. La sopravvivenza media dei pazienti trattati con la combinazione è stata di 19,2 mesi, che rappresenta la sopravvivenza più lunga mai riportata da uno studio di fase III per il trattamento sistemico dell’epatocarcinoma non resecabile. Ciò rappresenta una grande passo avanti nella gestione del paziente affetto da epatocarcinoma, che non solo amplia l’orizzonte terapeutico ma ci guida verso una sempre maggiore personalizzazione della terapia, a vantaggio del paziente.”
Un’analisi condotta per la prima volta anche sui benefici rilevati dai pazienti in termini di qualità di vita, conferma risultai molto positivi. Tra gli ambiti indagati, rientrano parametri quali l’impatto sul lavoro, sul tempo libero, sulla capacità di percorrere distanze a piedi e sui sintomi. Dallo studio emerge che i pazienti trattati con la combinazione atezolizumab e bevacizumab riportano un deterioramento della qualità della vita e delle funzionalità fisiche significativamente più lento rispetto al braccio di controllo.
“Il trattamento dell’epatocarcinoma è da anni una grande sfida e, per la prima volta in uno studio clinico randomizzato di fase 3, la combinazione tra atezolizumab e bevacizumab si è dimostrata estremamente significativa dal punto di vista statistico, rilevanza clinica, superiore alle terapie precedenti in termini di attività e di efficacia, che può essere somministrata per tutta la durata necessaria al controllo della malattia”, afferma il prof. Fortunato Ciardiello, ordinario di Oncologia Medica e Prorettore, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. “Questi sono i dati migliori finora ottenuti nella storia della terapia dell’epatocarcinoma e sono confortanti sotto il profilo di maneggevolezza e tollerabilità con ottimi risultati anche sulla qualità di vita dei pazienti. L’interazione tra l’immunoterapia e la terapia anti angiogenetica rappresenta il nuovo standard terapeutico per il paziente con epatocarcinoma non più trattabile con trattamenti locoregionali, ma che necessita di terapia sistemica.”
Il carcinoma epatocellulare rappresenta una tra le più aggressive forme di cancro con limitate opzioni di trattamento, ed è una delle principali cause di morti oncologiche a livello globale. “Data la particolare complessità della patologia, spesso diagnosticata tardivamente, e che presenta spesso comorbidità, è importante che i pazienti con epatocarcinoma vengano seguiti da una squadra multidisciplinare composta da specialisti con diverse competenze”, dichiara Ivan Gardini, presidente Associazione EpaC Onlus. “Mettere infatti a sistema una presa in carico nella quale intervengono parallelamente gastroenterologi, oncologi, chirurghi e radiologi diagnostici ed interventistici può rappresentare la strategia funzionale per guidare i pazienti verso strutture con i migliori percorsi diagnostici e terapeutici.”
Aifa ha inoltre approvato l’estensione dell’uso di atezolizumab in monoterapia per il trattamento di prima linea nel carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio metastatico con elevata espressione di PD-L1. Lo studio registrativo IMpower110 ha dimostrato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza globale, con una diminuzione del 31% del rischio di morte e oltre il 60% dei pazienti vivi a 1 anno. Grazie a questa ulteriore estensione di indicazione, atezolizumab rappresenta oggi la prima e unica immunoterapia ad agente singolo contro il tumore al polmone, disponibile in 3 dosaggi, che consentono la somministrazione ogni 2, 3 o 4 settimane, mettendo così a disposizione di medici e pazienti una maggiore flessibilità nella gestione del trattamento.