Associazione per l’Atassia Telangiectasia, rara malattia multisistemica

Questa Associazione si è costituita per la ricerca, la prevenzione e la terapia dell’Atassia Telangiectasia (AT), una malattia genetica rara dell‘infanzia che causa progressiva disabilità e deficit immunitari che mettono a rischio la vita dei ragazzi. L’associazione, inizialmente intitolata Davide De Marini, è stata fondata nel 1994 a Fano. Nel 2016 ha intrapreso una stretta e concreta collaborazione con le altre associazioni presenti sul territorio, Gli Amici di Valentina di Torino e l’ex-Noi per Lorenzo di Verona, per creare una rete nazionale tra famiglie, medici e centri di ricerca con lo scopo di unire gli sforzi a sostegno della ricerca sull’A-T. L’opera di riorganizzazione e rinnovamento iniziata al termine del 2016 ha portato a fine 2017 all’adozione della nuova denominazione sociale, alla modifica dello Statuto e al rinnovo del Consiglio Direttivo.

Ad oggi ne fanno parte 11 famiglie sparse sul territorio nazionale, e vanta tra i membri del Comitato Scientifico alcuni tra gli studiosi più prestigiosi del campo. L’Associazione si propone di promuovere, progettare e gestire azioni in grado di migliorare la qualità della vita delle persone affette da AT, conosciuta anche come sindrome di Louis Bar, e delle altre malattie genetiche con forme patologiche similari. L’Atassia Telangiectasia è una rara malattia genetica multisistemica, che coinvolge cioè diversi organi e apparati; è ereditata con modalità autosomica recessiva, ovvero da due genitori portatori sani del gene-malattia. Il gene responsabile della malattia, indicato con l’acronimo ATM (Mutato in AT), appartiene ad una famiglia di geni ben conservati nella scala evolutiva che regolano i punti di controllo del ciclo cellulare e la morte cellulare programmata (Savitsky et al., 1995). La scoperta del gene ATM, le cui mutazioni causano la malattia, ha aperto la strada ad una più accurata diagnosi di laboratorio. Questo gene codifica per una proteina che ha un ruolo chiave nella regolazione del ciclo cellulare e nella riparazione delle rotture del DNA a doppio filamento. Con l’ausilio dei test molecolari, il fenotipo clinico AT può essere facilmente distinto da quello di altre atassie cerebellari ad eredità recessiva. D’altro canto, alcuni pazienti atipici con segni lievi o minimi della malattia possono adesso essere diagnosticati come AT sulla base dell’assenza della proteina ATM o in presenza di mutazioni nel gene codificante (Chessa et al., 2019).

La malattia è presente in tutte le popolazioni e la sua frequenza varia da un Paese all’altro, a causa del differente tasso di consanguineità e della capacità clinica di differenziarla da malattie similari. L’incidenza nella popolazione USA è stata stimata di 1 a 40mila nati vivi. La frequenza stimata dei portatori sani è di 0.5-2.0% nella popolazione generale. Uno studio epidemiologico condotto su 72 famiglie AT italiane afferenti al Registro Italiano per l’Atassia Telangiectasia (RIAT) ha indicato, sulla base del coefficiente di consanguineità, una frequenza teorica della malattia di 1 affetto su 7.090 concepimenti e una frequenza di portatori sani tra 1.69% a 3.43% nella popolazione (Chessa et al., 1994). La sopravvivenza media dei pazienti AT è di 19-25 anni, con una ampia variabilità; l’aspettativa di vita è indipendente dalla gravità delle manifestazioni neurologiche. Le cause di morte sono attribuite ad infezioni broncopolmonari ricorrenti associate ad uno stato di cachessia o, nel 10-15% dei casi, per tumore.

Negli ultimi 20anni l’aspettativa di vita dei soggetti AT è notevolmente aumentata, da un lato per il miglioramento generale delle condizioni di vita e delle terapie e dall’altro per l’identificazione di pazienti con forme “varianti”, cioè più lievi, della malattia. Oggi molti pazienti raggiungono i 30anni e alcuni sopravvivono fino a 40 e 50 anni. In Letteratura sono riportati rari casi di pazienti con forma lieve della malattia che hanno avuto una vita pressoché regolare, con normale capacità riproduttiva. Nei pazienti lungo-sopravviventi l’insufficienza respiratoria, con o senza infezioni identificabili, è la causa maggiore di morbilità.