Promuovere una collaborazione intersettoriale per affrontare le tematiche cruciali di Sanità pubblica diventa l’obiettivo prioritario della Settimana Europea di Salute Pubblica EUPHW. Dal 22 al 26 maggio 2023, ogni giornata è infatti dedicata a una specifica tematica di Salute pubblica, con l’obiettivo di promuovere la collaborazione tra differenti professionisti di settore in Europa e aumentare la consapevolezza rispetto alle questioni cogenti. Tra i vari temi affrontati durante la settimana, particolare importanza viene data alle diversità in ambito sanitario: garantire equità di accesso ai Servizi sanitari viene indicato come uno dei punti fermi su cui basare la programmazione sanitaria, ponendo particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili. Altre tematiche rilevanti sono la prevenzione e il controllo delle malattie cronico-degenerative. Secondo i dati Istat, nel nostro Paese l’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) continua ad aumentare, raggiungendo il 187,6% nel 2021, con un incremento del +38,9% rispetto al 2001. Di conseguenza, aumenta anche l’incidenza delle patologie croniche, con uno spazio importante occupato dalle patologie tumorali: 390.700 nuove diagnosi nel 2022, secondo i dati AIOM, con un aumento di +1,4% negli uomini e +0,7% nelle donne, rispetto al 2020. Gli interventi necessari per l’assistenza del paziente oncologico sono complessi, ricordano gli esperti, e richiedono un adattamento al contesto del singolo caso, in un’ottica di medicina personalizzata, e una gestione integrata tramite i percorsi diagnostico terapeutico assistenziali.
Parallelamente all’inizio della EUPHW, si è recentemente a Torino, presso l’Ospedale infantile Regina Margherita, il congresso Le Vaccinazioni nei Pazienti Oncologici, organizzato dal Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con la Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta. Esperti del settore sono intervenuti in merito alle raccomandazioni attualmente in vigore, approfondendo il razionale e le tempistiche di somministrazione vaccinale nel paziente oncologico e nel nucleo familiare che lo circonda. I pazienti oncologici vivono in uno stato di fragilità che li rende maggiormente esposti al rischio di infezioni e, in tale contesto, i programmi vaccinali acquisiscono enorme importanza e devono puntare alla maggior efficacia possibile. I tempi di somministrazione devono essere modulati in base al grado di immunocompetenza del paziente – spesso variabile sulla base della patologia e della terapia in atto – che può ridurre la risposta immunitaria post-vaccinazione.
“Tutte le vaccinazioni sono raccomandate per i pazienti oncologici, ma alcune potrebbero essere controindicate a seconda della patologia e della terapia”, dichiara la prof.ssa Carla Maria Zotti, direttore della Scuola di Specialità di Igiene e Medicina Preventiva di Torino. “Le vaccinazioni essenziali includono tetano, difterite, pertosse, influenza e COVID-19; Alcune vaccinazioni sono raccomandate con un livello di priorità leggermente inferiore, come polio, epatite A e epatite B, da effettuare se il paziente si trova in aree a rischio e tenendo in considerazione l’evoluzione epidemiologica di questi patogeni. La vaccinazione per l’Herpes zoster è raccomandata grazie alla disponibilità di un nuovo vaccino ricombinante, mentre le vaccinazioni con vaccini vivi attenuati come morbillo, rosolia, parotite e varicella non sono raccomandate durante la terapia oncologica e in questo caso sono i familiari e i caregiver a diventare oggetto di raccomandazione.”
Per rispondere alle necessità dei pazienti oncologici e fragili sono di fondamentale importanza un’adeguata disponibilità e un’opportuna organizzazione dei servizi, partendo dall’accoglienza e dalla modalità di accesso del paziente, punti chiave per una gestione ottimale dei percorsi di cura. In questo contesto si riscontrano criticità riguardo all’accessibilità dei pazienti oncologici alle vaccinazioni: “Attualmente, le vaccinazioni per i pazienti oncologici e fragili non vengono offerte nello stesso luogo in cui ricevono la cura per la loro patologia principale”, afferma la prof.ssa Roberta Siliquini, presidente della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica SItI. “È dunque necessario individuare modalità che permettano un facile accesso alle vaccinazioni per questi pazienti, poiché le vaccinazioni sono vitali per la loro salute. Strategie ottimali per organizzare programmi di vaccinazione efficaci per i pazienti fragili includono l’integrazione delle vaccinazioni nei percorsi diagnostico-terapeutici, l’implementazione di percorsi differenziati per l’accesso alle vaccinazioni e la formazione dei clinici che li assistono affinché conoscano l’importanza delle vaccinazioni e sappiano dove indirizzare i pazienti, tramite una collaborazione multidisciplinare tra Igienisti, Oncologi, Infettivologi, Pediatri e Medici di Medicina Generale.”
A livello territoriale, il Medico di Medicina Generale rappresenta durante il percorso di cura e assistenza del paziente oncologico una figura di rilievo, che deve costruire una rete di supporto intorno al malato, contribuendo a stabilizzare il contesto familiare. Favorire l’adesione vaccinale non solo del paziente, ma anche della famiglia e in generale dei caregiver dev’essere un obiettivo prioritario: “In gergo viene chiamata ‘strategia del bozzolo’, ossia proteggere il malato costruendo una rete di protezione intorno ad esso”, afferma il dott. Diego Pavesio, medico di Medicina Generale. “Parlando ad esempio di influenza, abbiamo la possibilità di vaccinare ogni contatto stretto del paziente, ma spesso manca questa informazione alle famiglie. Per aumentare l’adesione vaccinale è inoltre fondamentale il ruolo di medici esperti in vaccinazioni all’interno delle équipe territoriali e della medicina di rete e di gruppo.”
“Nonostante le elevate possibilità di guarigione superiore all’80%, [i pazienti oncologici pediatrici] devono affrontare trattamenti complessi come chemioterapia, immunoterapia e trapianto di cellule staminali ematopoietiche, rendendoli suscettibili alle malattie infettive per le quali normalmente si può essere protetti tramite vaccinazione”, afferma la prof.ssa Franca Fagioli, direttrice del Dipartimento di Patologia e Cura del Bambino presso l’Ospedale Regina Margherita. “Pertanto, sono necessarie specifiche strategie durante e al termine della terapia per vaccinare i pazienti seguendo il ciclo vaccinale o fornendo richiami. Le principali difficoltà che possono emergere con i familiari riguardano le credenze errate sulla vaccinazione. Tuttavia, durante la pandemia di COVID-19, anche le famiglie contrarie alle vaccinazioni hanno mostrato disponibilità nel vaccinare sia il paziente che l’intero nucleo familiare, tenendo a mente i drammatici casi di morte dovuti a malattie come morbillo, parotite e varicella zoster.”