Per ora la ricerca ha interessato i topi di laboratorio ma sembra proprio che i malati di cancro alla prostata, con la malattia in fase avanzata, possano avere dei benefici dai comuni antidepressivi non per l’effetto psicologico, ovvero nel senso di reagire alla malattia migliorando il tono dell’umore, ma per un’esclusiva azione di questi farmaci sulla cellula tumorale. In particolare l’azione sarebbe proprio antitumorale in quanto questi farmaci riuscirebbero a bloccare un enzima che aiuta le cellule tumorali della prostata a diffondersi nelle ossa.
I ricercatori della Washington State University-Spokane hanno individuato un enzima chiamato MAOA che, attraverso una serie di segnali, aiuta le cellule tumorali della prostata a diffondersi alle ossa. Ebbene, i ricercatori, impiegando il clorgyline – un vecchio antidepressivo noto per bloccare l’attività di MAOA – su linee di cellule di cancro alla prostata, hanno scoperto che il farmaco impedisce all’enzima di attivare le tre proteine che aumentano la funzione degli osteoclasti, riducendo in tal modo la capacità delle cellule tumorali di invadere le ossa. In pratica, riducendo l’espressione di MAOA nelle cellule tumorali della prostata, hanno notato, nei topi, una riduzione della capacità delle cellule di diffondersi alle ossa; al contrario, in presenza di una iper-espressione di questo stesso enzima, è stato riscontrato un aumento delle metastasi ossee. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Cancer Cell.