Il Sudafrica sembra proprio inarrestabile. Dopo il primo ecco anche il terzo trapianto di pene e questa volta, a parteciparvi, anche un italiano, il dott. Guglielmo Mantica, varesino di nascita ma specializzando in Urologia presso la Clinica Urologica di Genova diretta dal prof. Carlo Terrone. Ebbene, nei mesi scorsi, presso l’Università di Stellenbosch (Città del Capo), l’équipe guidata dal prof. Van der Merwe ha realizzato con successo il terzo trapianto di pene della storia della medicina, dopo aver effettuato il primo nel dicembre 2014; il secondo è invece stato realizzato nel 2016 a Boston (USA), da un’équipe statunitense.
L’operazione, che ha avuto luogo a Città del Capo il 21 aprile 2017, è stata una “maratona chirurgica” di circa 10 ore. Il ricevente è un 40 enne, sottoposto a amputazione del pene in seguito a una circoncisione rituale avvenuta 17 anni prima. La sua identità è ovviamente protetta per motivi etici. A un mese dall’operazione, il paziente è in ottime condizioni di salute, non presenta segni di rigetto d’organo ed è pronto a incominciare una nuova vita. Tuttavia, come appurato dai precedenti due trapianti, ci vorranno circa 6 mesi affinché l’organo possa raggiungere una completa funzionalità urinaria e sessuale. Particolarità dell’operazione è la discrepanza cromatica tra organo trapiantato e ricevente, che verrà corretta entro l’anno con un tatuaggio medico.
Nell’équipe che ha effettuato il trapianto era presente anche un medico italiano, il dott. Guglielmo Mantica, specializzando presso la Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università di Genova. “Ad oggi – afferma il dott. Guglielmo Mantica – possibili beneficiari di questo tipo di trapianto sono pazienti evirati sia in seguito a traumi, principalmente incidenti stradali, sia per causa chirurgica, come ad esempio nel caso del paziente operato negli Stati Uniti, sottoposto parecchi anni prima a una asportazione del pene per tumore.”
In Sudafrica, si stima che ci siano più di 250 evirati all’anno a seguito di circoncisioni rituali andate male; spesso si tratta di pazienti giovani la cui vita può migliorare radicalmente dopo l’operazione. “Il primo paziente sottoposto a trapianto di pene nel 2014, a 2 anni e mezzo dall’intervento è diventato padre, e vive una vita sessuale soddisfacente senza far ricorso a protesi o terapia medica. Le principali difficoltà tecniche dell’operazione – conclude il Mantica – riguardano l’esecuzione di microanastomosi tra le strutture vascolari e nervose dell’organo trapiantato e del paziente. Queste infatti possono presentare delle variazioni che rendono l’intervento particolarmente complesso.”