
La curva epidemiologica va nel complesso migliorando, e si allenta la pressione sugli ospedali, ma l’incidenza è ancora troppo alta. È quanto sottolineano ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità nella bozza del report settimanale di monitoraggio, riferito alla settimana 23-29 novembre. Ma nelle ultime 24 ore la percentuale dei positivi ai tamponi effettuati sale all’11,5%, rispetto al 10,8% delle 24 ore precedenti. D’altra parte, la pressione sulle strutture sanitarie diminuisce in parte anche a causa dei numerosi decessi: impressionanti le cifre dell’ultima settimana. Nell’ultimo periodo, sono stati registrati numeri che sfioravano i mille decessi al giorno e dal 1° dicembre siamo passati a contare da 56.361 a 60.078 vittime da inizio pandemia. Inoltre, rimane consistente il numero dei nuovi contagi, che la dall’inizio del mese ha fatto registrare una media giornaliera superiore a 22mila casi. Ed è questo che deve preoccupare maggiormente, perché gli ammalati gravi, così come purtroppo i decessi, di questi nuovi contagi giornalieri emergeranno fra circa 2-3 settimane.
“Dalla diagnosi al decesso passano almeno 2 settimane”, ricorda Nino Cartabellotta, presidente fondazione GIMBE, in una intervista a La Stampa. “I dati non riguardano lo stesso giorno, ma sono il risultato della comunicazione delle regioni. Per questo motivo, ragionare sui decessi di giornata è fuorviante”, spiega. “Generalmente, si tratta di contagiati di 3 settimane prima, il che renderebbe immaginabile che purtroppo supereremo il record negativo di 993 morti di giorni fa. Dobbiamo attenderci altri 15mila morti entro fine anno ed è da sottolineare la crescita di decessi tra under 60.”
Da non sottovalutare infine il fatto che il sistema potrebbe andare in sofferenza anche a causa dei troppi operatori sanitari deceduti o che si sono contagiati. A questo proposito, una riflessione sui numeri arriva sempre dal presidente GIMBE: “Ai primi di ottobre avevamo 32.615 operatori sanitari contagiati che ora (2 giorni addietro, ovvero il 04 dicembre, ndr) sono diventati 72.572”. Se da una parte diminuisce la pressione ospedaliera per i dimessi – guariti e non – e per i decessi, dall’altro il sistema ospedaliero rischia di essere indebolito nella disponibilità di personale sanitario.