Amiloidosi cardiaca, malattia rara ma pericolosa. In arrivo una nuova terapia

Amiloidosi cardiaca, una malattia rara, a cui possono essere ascritte meno di 5 diagnosi su una popolazione generale di 10mila individui, certamente sottodiagnosticata, causata da una mutazione nel gene transtiretina che comporta un accumulo di proteine anomale configurate come fibrille amiloidi, in più organi, incluso il cuore, tra i distretti più colpiti, con progressiva perdita della sua funzionalità. A causa dei sintomi non specifici della malattia e per la possibilità di sovrapporsi ad altra cardiomiopatie, la diagnosi di questa rara e patologia può diventare molto complessa: dall’insorgenza della malattia alla sua corretta individuazione, possono passare fino a oltre 4 anni e, di conseguenza, la somministrazione delle terapie inizia in ritardo, con un impatto molto significativo sulla prognosi. Spesso non riconosciuta, talvolta confusa con altre patologie più comuni, l’amiloidosi cardiaca da transtiretina ATTR-CM è una malattia progressiva e degenerativa che, se non diagnosticata e trattata per tempo, può compromettere seriamente la funzione del cuore e di altri organi vitali, impattando la qualità di vita dei pazienti.

“Molti pazienti arrivano alla diagnosi dopo mesi, se non anni, di sintomi sottovalutati o mal interpretati”, dichiara la dott.ssa Samuela Carigi, responsabile dell’Ambulatorio Scompenso e Cardiomiopatie dell’Ospedale Infermi di Rimini dell’AUSL Romagna. “In soggetti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata, in particolare negli uomini sopra i 65 anni, l’amiloidosi cardiaca da transtiretina dovrebbe essere considerata più di frequente. Oggi disponiamo di strumenti diagnostici non invasivi come la scintigrafia ossea, il dosaggio di biomarcatori e l’uso mirato della risonanza magnetica, che permettono di orientare rapidamente la diagnosi. Strumenti che spesso consentono di evitare la biopsia, riservandola solo ai casi in cui il sospetto diagnostico rimane incerto.”

Le forme più comuni sono l’amiloidosi cardiaca da transtiretina, che può essere senile o ereditaria, e l’amiloidosi da catene leggere AL, legata a una disfunzione del midollo osseo. La consapevolezza della malattia nella classe medica è crescente, grazie alla ricerca clinica e al lavoro congiunto di Specialisti come Cardiologi, Internisti, Neurologi ed Ematologi, ma può essere ulteriormente implementata e portare a diagnosi precoci e a trattamenti adeguati. “La sfida principale è di natura clinica: sospettare la malattia nei giusti contesti”, dichiara il prof. Giovanni Palladini, direttore del Centro Amiloidosi Sistemiche e Malattie ad Alta Complessità della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica dell’Università di Pavia. “Un paziente con sindrome del tunnel carpale bilaterale, ipotensione ortostatica, neuropatia periferica o proteinuria, se ha anche segni di cardiomiopatia, merita un approfondimento. L’amiloidosi cardiaca è una patologia rara, ma non così infrequente da poter essere ignorata, specie in alcuni sottogruppi di popolazione. È fondamentale che l’allerta clinica venga condivisa e coltivata in un contesto multidisciplinare, in cui Cardiologi, Neurologi, Gastroenterologi, Internisti e Medici di Medicina Generale collaborino strettamente per riconoscere i segnali precoci della malattia e che i pazienti siano seguiti in un contesto dedicato e dotato di tecnologia adeguata.”

Le opzioni terapeutiche stanno evolvendo e si attende in Italia l’introduzione nella pratica clinica di acoramidis, un nuovo farmaco mirato per il trattamento dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina.