Alzheimer. “Si può ‘intravedere’ dagli occhi anche prima che si manifesti”

“Il morbo di Alzheimer si sviluppa nel cervello decenni prima della comparsa dei primi sintomi legati alla perdita di memoria”, dichiara il dott. Richard Isaacson, neurologo specializzato nella prevenzione del morbo e membro dell’Istituto per le Malattie Neurodegenerative. Identificare la malattia nelle sue prime fasi consentirebbe alle persone di fare scelte di vita adeguate e controllare i fattori di rischio da modificare, come ipertensione, colesterolo e diabete. Secondo alcuni ricercatori americani, l’Alzheimer si potrebbe “intravedere” dagli occhi non solo durante la fase conclamata ma anche prima che la patologia si manifesti. Una scoperta che potrebbe quindi rivoluzionare la ricerca medica sulla prima forma di demenza, che nel mondo colpisce oggi circa 55milioni di persone.

Lo studio è il primo ad aver analizzato tessuti della retina e cerebrali donati da una novantina di pazienti colpiti dalla patologia o da altre forme di demenza. Tale donazione ha consentito di identificare alterazioni nella retina e la netta diminuzione di alcune cellule nelle persone con declino cognitivo. I campioni di tessuto retinico e cerebrale sono stati raccolti nell’arco di 14 anni e costituiscono il più ampio gruppo di campioni di retina mai studiato. Gli scienziati hanno poi confrontato i materiali organici provenienti da donatori con funzioni cognitive normali con quelli con demenza lieve e con quelli dei soggetti che presentavano l’Alzheimer in fase avanzata. L’analisi ha rilevato un aumento significativo della beta-amiloide, marcatore chiave della malattia, sia nelle persone con Alzheimer sia nei pazienti con declino cognitivo precoce. “I risultati erano evidenti anche in persone senza sintomi o con sintomi minimi”, spiega Isaacson. “Questi risultati potrebbero portare allo sviluppo di tecniche di imaging che ci permettano di diagnosticare la malattia prima e con maggiore precisione e di monitorarne la progressione in modo non invasivo guardando attraverso l’occhio.”

“Il nostro studio ha consentito di eseguire un’analisi approfondita dei profili proteici e degli effetti molecolari, cellulari e strutturali del morbo di Alzheimer nella retina umana e di come questi corrispondano ai cambiamenti nel cervello e nella funzione cognitiva”, dichiara la prof.ssa Maya Koronyo-Hamaoui, del Cedars-Sinai di Los Angeles, senior author della ricerca. “Questi cambiamenti nella retina erano correlati a quelli in parti del cervello, come la corteccia entorinale e temporale, centro della memoria, dell’orientamento e della percezione del tempo.” Lo studio è pubblicato su Acta Neuropathologica.