Giovani e sclerosi multipla: “La diagnosi non ferma la vita. Apre un nuovo capitolo”

La diagnosi di una malattia neurologica autoimmune come la sclerosi multipla, la neuromielite ottica, la Mogad o patologie simili segna spesso un punto di svolta nella vita di una giovane persona. Può comportare paura, incredulità, incertezza nel futuro. Il corpo, che fino a quel momento era “dato per scontato”, diviene improvvisamente fragile e imprevedibile. Le domande si moltiplicano: “Che cosa succederà ora? Come cambierà la mia vita? Sarò in grado di continuare a coltivare i miei sogni?”. Essere giovani e convivere con una malattia cronica significa dunque affrontare ogni giorno sfide che vanno oltre la salute: con #giovanioltrelasla, evento nazionale promosso da Aism con il patrocinio di Ainmo, 2.800 giovani (300 riuniti in presenza a Roma e oltre 2.500 in collegamento) hanno immaginato nuove prospettive. Talk, laboratori, condivisione e nuove prospettive hanno animato l’edizione 2024 dell’appuntamento che dal 2009 offre ai giovani under35 con sclerosi multipla e under40 con neuromielite ottica, Mogad e patologie correlate, un’importante occasione di confronto, crescita e informazione.

Nuove Prospettive è il tema che ha invitato a “guardare oltre i limiti imposti dalla malattia, riscoprendo il valore del cambiamento e la forza di un futuro ancora tutto da scrivere”. Tanti i momenti di condivisione con esperti, caregiver e altri giovani. “Pensavo che la diagnosi avesse chiuso molte porte, ma ora mi sento pronto a riaprirle”, racconta Gaia. “Non sapevo di avere così tanto da imparare da chi vive la mia stessa esperienza”, confida Alessia. “Qui ho capito che non sono solo”, afferma Lorenzo.

“Io ho ricevuto la diagnosi di sclerosi multipla nel 2017”, racconta Chiara, di 34 anni. “È stato difficile accettarlo, è stato difficile arrivare a ricominciare a vivere. C’è un prima e un dopo la diagnosi: nel mio dopo ho cercato sicuramente l’aiuto delle persone a me vicine, dell’Aism, della psicoterapia. Poi ho preso una decisione: ho scelto di non rimandare più, di non aspettare più, di non dire più di ‘no’, per paura, alle cose che la vita mi offriva. Questo è quello che consiglio a tutte le persone che ricevono una diagnosi di sclerosi multipla: cercate aiuto, cercate supporto e ricominciate a costruire il vostro dicendo ‘sì’ alle opportunità, perché la diagnosi non ferma la vita, apre un capitolo nuovo.”

La storia di Giulia (nome di fantasia) con la sclerosi multipla è invece piuttosto recente. Inizia nel 2022, quando a seguito di un momento di forte stress emotivo comincia ad avere formicolii alle mani: “Inizialmente non gli ho dato peso; credevo si trattasse di una semplice tendinite”, racconta. “La dottoressa, poi, mi ha prescritto dei raggi alla schiena, ipotizzando potesse trattarsi di un’ernia. Visto che i formicolii non passavano e dai raggi non era emerso nulla, mi ha consigliato di fare una visita neurologica. Mi sono rivolta a una Neurologa che mi ha consigliato subito di fare una risonanza magnetica con contrasto al rachide cervicale, nomi che già da subito mi suonavano strani. A Milano ne ho fatte 2: ricevuti gli esiti, la Neurologa mi ha consigliato di rivolgermi a un Ospedale perché avevo bisogno di un ricovero. La prima volta che mi sono sentita dire ‘sclerosi multipla’ è stato uno shock, poiché non conoscevo la malattia. La prima sensazione è stata paura, perché è il nome di una patologia che risuona molto potente. Mi sono detta: ‘Oh mio Dio. Se ce l’ho veramente, potrebbe essere una condanna. Oh mio Dio, cosa farò?’. In quel momento, tra l’altro, ero da sola, la mia famiglia non era con me. La prima (procedura diagnostica, ndr) fatta è stata la rachicentesi, un’esperienza bruttissima. Ho fatto 5 giorni di cura di cortisone, che ha alleviato i formicolii che continuavo ad avere e che per 6 mesi mi avevano tormentato. E i formicolii riguardavano anche i piedi, avevo la sensazione di freddo, di caldo, ho scoperto il segno di Lhermitte, una scossa che parte dal collo quando pieghi la testa e arriva giù fino si piedi. Non sapevo più cosa stesse succedendo al mio corpo. Grazie al cortisone, tutti questi sintomi sono migliorati e a giugno 2023 è arrivata ufficialmente la diagnosi: ‘Signorina, lei ha la sclerosi multipla’. I Medici mi sono stati molto d’aiuto perché mi hanno detto chiaramente che oggi essere affetti da sclerosi multipla non è una condanna, proprio perché c’è molta ricerca in questa malattia e c’è il grande lavoro dell’Aism. I Medici mi hanno consigliato di fare le risonanze magnetiche ogni 6 mesi o 1 volta all’anno, di fare la visita neurologica e che così potrò stare bene e pensare di portare avanti la mia vita. Non posso però negare che sia stato uno shock. Eppure, dopo 6 mesi di sintomi strani, ricevere la diagnosi ha rappresentato anche una liberazione: la paura iniziale dell’intraprendere un percorso con una malattia che mi porterò dietro per tutta la vita è stata accompagnata dal sollievo di sapere cosa ho, cosa stesse succedendo nel mio corpo e di essere consapevole di avere strumenti per andare avanti”, racconta ancora. “Tutti mi sono stati subito accanto, anche se non è stato facile parlarne. Inizialmente non l’ho detto a molti dei miei amici, ho avuto bisogno di tempo per elaborare la situazione. Anche sul lavoro mi sono confidata con pochissime persone. E il lavoro stesso è stato un porto sicuro, sono andata in ufficio senza che nessuno sapesse che con me c’era questa nuova compagna. Subito dopo aver ricevuto la diagnosi di sclerosi multipla, ho conosciuto un ragazzo che oggi è il mio fidanzato, dice illuminandosi. “Ho affrontato questo percorso anche con lui. Non gli ho subito detto della mia condizione; gliene ho parlato alcuni mesi dopo, quando entrambi ci siamo resi conto che ci piacevamo. Non è stato facile per nessuno dei due, ma oggi siamo qui, insieme, nonostante la malattia. Il mondo rimane lo stesso: tu ricevi la diagnosi e il giorno dopo il mondo ricomincia e va avanti come prima. Non cambia nulla; sei tu che cambi. È la prospettiva dentro di te che cambia, ma la diagnosi non è ‘la fine della tua vita’, è l’inizio di un nuovo percorso. Certo – ammette – non è facile ‘pensare positivo’, e la paura del futuro è molto forte. Però si può andare avanti. Magari non si starà fisicamente bene al 100%, ma il mio suggerimento è quello di non farsi bloccare dalla paura e di continuare a vivere. Mi ripeto sempre una frase: ‘Siamo tutti sani fino a quando non sappiamo di essere malati’. Fino a 2 anni fa pensavo di non avere nulla, adesso ho una consapevolezza nuova, ma la mia vita comunque va avanti.”